La liberazione di Silvia Romano, il riscatto pagato e il governo: tre (necessarie) considerazioni

Martedì 12 Maggio 2020
La liberazione di Silvia Romano, il riscatto pagato e il governo: tre (necessarie) considerazioni
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Caro direttore,
il mio plauso all'intelligence che ha riportato in Italia Silvia Romano. Il mio rammarico nel vedere una così vasta presenza dello Stato all'arrivo della cooperante a confronto di quello che è stato fatto nei confronti di Quattrocchi che aveva avuto il coraggio di far vedere come muore un italiano.
Alcide Tonetto
Piove di Sacco (Padova)


Caro lettore,
la scarcerazione e il rientro in Italia da convertita all'Islam di Silvia Romano hanno suscitato da parte di chi ci legge molte reazioni e, come nel suo caso, quasi tutte non esattamente entusiastiche. Ci sono ancora molti punti oscuri da chiarire in tutta questa vicenda, compresa la conversione all'Islam della cooperante, per poter esprimere un giudizio complessivo. Alcune considerazioni si possono però già fare.
Una premessa: non c'è dubbio che la liberazione sia un fatto positivo e dobbiamo rallegrarci che, dopo un così lungo periodo di prigionia, Silvia sia tornata a casa sana e salva. Detto ciò e sottolineata l'abilità dei nostri servizi di intelligence, credo dobbiamo porci e porre alcune domande. La prima riguarda le regole a cui dovrebbero attenersi le Ong, le organizzazioni non governative. Come ha scritto anche Federico Fubini, analista esperto e firma del Corriere della Sera, non è possibile che a giovani inesperte sia consentito di essere inviate in zone ad alto rischio mettendo in pericolo la loro vita e quella di chi poi, in caso di rapimento o di emergenza, deve soccorrerle e salvarle.
Le Ong, soprattutto quando sono finanziate dallo Stato e sono attive in quelle aree, dovrebbero offrire garanzie di competenza e di esperienza, avere strutture di supporto adeguate ed essere certificate. In caso contrario non dovrebbero godere di finanziamenti pubblici e soprattutto non dovrebbero essere autorizzate dal governo ad operare e mandare persone in territori ostili e ad elevato rischio. Altra questione. Per liberare Silvia è stato pagato un riscatto. Non ne conosciamo con esattezza l'entità, ma sappiamo che si parla di milioni di euro.
Quando in gioco c'è la vita di una persona è sempre difficile scegliere. Ma una cosa è certa: pagando per liberare i rapiti noi finanziamo le organizzazioni terroristiche, in questo caso i fanatici islamici di Al Sheebab. Finché avranno la ragionevole certezza di incassare un riscatto, questi e altri gruppi di tagliagole continueranno a fare rapimenti per raccogliere ulteriore denaro. Anche in questo caso occorre darsi delle regole e stabilire una comune linea di condotta con i nostri paesi alleati. In caso contrario continueremo a fare il gioco dei terroristi: a finanziare cioè chi ha come finalità quello di distruggere noi e la nostra civiltà. Ultimo punto. Alla liberazione di Silvia è stata data una grande enfasi. Premier e ministro degli Esteri sono andati ad accoglierla all'aeroporto. Il Tg1 ha dedicato alla vicenda con 4 servizi consecutivi. Nulla da dire, se anche in altre situazioni simili fosse avvenuta la stessa cosa.
Ma non è stato così. Ricordiamo, solo per inciso, che ad accogliere il padovano Luca Tacchetto, rapito nel dicembre 2019 in Burkina Faso insieme alla fidanzata da una cellula estremista islamica vicina ad Al Quaida e liberato il 14 marzo scorso, c'era solo il capo dell'unità di crisi che aveva seguito la vicenda. Neppure un sottosegretario.
Ultimo aggiornamento: 19:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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