Il caso Catania, ovvero quando la magistratura si sostituisce al potere legislativo. E diventa un contro-potere

Martedì 3 Ottobre 2023

Caro Direttore,
le leggi italiane lasciano sempre spazio alla loro interpretazione, ed ogni magistrato le applica come ritiene più opportuno. Il Giudice del tribunale di Catania, Iolanda Apostolico, è andata oltre, si è sostituita alla Consulta e ha deciso che il decreto Cutro è carta straccia perché viola la Costituzione italiana e le norme europee, liberando i 4 migranti dal Cpr in attesa di essere espulsi. Le opposizioni esultano e brindano. Questo fatto però ci fa capire che la produzione legislativa nel nostro Paese non funziona e va modificata. Per evitare questi pasticci, non sarebbe il caso di far promulgare le leggi direttamente dalla Consulta, certificando così la loro legittimità?

Claudio Gera
Lido di Venezia


Caro lettore,
per carità, noi dobbiamo semplificare e rendere più fluido il percorso legislativo, non appesantirlo ulteriormente.

Già l'attività del nostro Parlamento a due Camere procede con lentezza, se ogni provvedimento, dopo la doppia lettura di Camera e Senato, dovesse essere preventivamente anche sottoposto al vaglio della Corte costituzionale peggioreremmo solo la situazione. Non ne abbiamo proprio bisogno. Oltretutto la nostra Costituzione assegna già al Presidente della Repubblica il compito di vagliare e valutare la costituzionalità di una legge. Non serve da questo punto di vista alcuna modifica. Anche perché, come dimostra anche la sentenza sugli immigrati del tribunale di Catania, il problema non è tecnico o normativo, ma essenzialmente politico. C'è una parte della magistratura che non rinuncia a sostituirsi ai rappresentanti del popolo democraticamente eletti. Che ritiene di poter, anzi di dover usare le proprie prerogative per contrastare un'azione legislativa che non la trova concorde. È un'interpretazione che trasforma il fondamentale principio dell'indipendenza della magistratura in quello di contro-potere. La toga, secondo questa impostazione, non è più semplicemente simbolo di garanzia di indipendenza dei magistrati dal potere politico, diventa invece, ogniqualvolta serve, lo strumento attraverso cui giudici e pm si contrappongono al potere politico e di governo. Di tutto questo abbiamo avuto molti esempi negli ultimi decenni. E sarà forse un caso ma questo protagonismo politico dei magistrati e questo attivismo interpretativo delle leggi si manifestano soprattutto quando al governo c'è una maggioranza non di sinistra. E quando, come in questa fase, si discute di riforme della giustizia che sono fortemente avversate da alcuni settori della magistratura.

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