Green pass, una norma di salute pubblica, altro che inchino alle multinazionali del vaccino

Domenica 18 Luglio 2021

Gentile direttore,
ho in mano il nostro Gazzettino di venerdì e devo comunicarle due cose che non mi sono per niente piaciute. La prima: non ho trovato traccia della notizia delle manifestazioni in Francia contro Macron per aver imposto il green pass. La seconda: la sua risposta sul green pass. Vorrei ricordarle che in un Paese veramente democratico il green pass non dovrebbe proprio esistere. E le ricordo a tal proposito il pronunciamento del Consiglio d'Europa. Non vorrei che anche lei fosse caduto nelle mani del cosiddetto mainstream, dove l'importante non è dare corretta informazione, ma far contento il potente di turno.


Mario Garlati


Caro lettore,
su talune prese di posizioni del Consiglio d'Europa - che come lei ben sa nulla ha a che fare con l'Unione europea - ci sarebbe molto da discutere, così come ci sarebbe da discutere su un organismo che deve difendere i diritti umani e che ha fra i suoi stati membri (sono 47 tra cui Russia, Turchia e Azerbaigian) nazioni che questi diritti ignorano o calpestano senza remore in base alle loro convenienze.

Ma non è di questo che voglio parlare. Mi interessa un altro aspetto della sua lettera: la conclusione. E mi chiedo: ma perché chi ritiene che il green pass possa essere uno strumento utile nella lotta alla pandemia deve essere annoverato come un servo dei potenti di turno o un lacchè delle multinazionali o uno schiavo imbelle del pensiero dominante? Non la sfiora il dubbio che, semplicemente, qualcuno possa avere un'idea diversa dalla sua? E che questa idea, esattamente come la sua, sia il frutto di libere e autonome considerazioni, letture e valutazioni che hanno portato però a conclusioni diverse da quelle a cui è giunto lei? A me pare che chi si erge a difensore della libertà, anche di vaccino, dovrebbe imparare innanzitutto a rispettare le opinioni degli altri, a confrontarsi con esse senza etichettarle e senza denigrarle ricorrendo a facili luoghi comuni. Questo giornale ha dato spazio a molte posizioni e sensibilità su vaccini e virus. Lo dimostra anche la pubblicazione di questa sua lettera. Ma confrontarsi non può significare rinunciare alle proprie idee. Né accettare di essere denigrati o indicati come anti-democratici per il solo fatto di pensarla diversamente da qualcuno che, a torto o a ragione, si ritiene depositario della verità. Io accetto, anche se non condivido, il suo punto di vista, lei permetta a me e a milioni di altri cittadini di ritenere che chiedere un certificato di vaccinazione per entrare in alcuni luoghi pubblici come uno stadio o una discoteca possa essere un'efficace e legittima norma di salute pubblica, non un inchino a presunti poteri forti o alle multinazionali.

Ultimo aggiornamento: 12:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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