Inutile interrogarsi su chi ha vinto: l'unica cosa certa, dopo il voto di fiducia, è l'estrema debolezza del governo Conte

Giovedì 21 Gennaio 2021

Egregio Direttore,

le scrivo appena terminata la votazione di fiducia in Senato.

I numeri dovrebbero essere oggettivi (156 si e 140 no), ma in questo momento tutti si ritengono più o meno soddisfatti, o meglio evidenziano la (presunta) sconfitta altrui. Certo è che ci sono dei fatti oggettivi: il governo è debole perché, soprattutto in Senato, ha numeri risicatissimi; il governo è forte perché di fatto forse non ci sono alternative. E' difficile pensare a nuove consultazioni per raggiungere nuove maggioranze (e quali?) spendendo diverse settimane di impegno che dovrebbe essere dedicato ad altro. Impensabile andare ora ad elezioni, sia perché c'è stata una riforma costituzionale (diminuzione del numero dei parlamentari) che rappresenta un salto nel buio per tutti, sia soprattutto perché il Paese non può (e non deve) sopportar una campagna elettorale. Quali soluzioni? Perché non creare una task-force composta da politici di tutti gli schieramenti, magari con i segretari di partito? Questo sarebbe un segnale e alle prossime elezioni consentirebbe a tutti di presentarsi come forze responsabili ed il cui fine è il bene collettivo. Ma ormai l'ora si fa tarda, forse sto solo trascrivendo ciò vorrei sognare.

Andrea Linguanotto

Gaiarine (TV)

Caro lettore, temo che la sua idea sia irrealizzabile, ma penso anche che non sia così stravagante. Lei ha ragione: i numeri in politica sono sempre variamente interpretabili. Ma il risultato del voto di martedì notte al Senato è, almeno da un punto di vista aritmetico, indiscutibile: il governo Conte non ha la maggioranza assoluta di Palazzo Madama. I 156 voti rappresentano la maggioranza relativa della Camera alta e non obbligano Conte a rassegnare le dimissioni da premier, ma decretano, senza ombra di dubbio, la debolezza parlamentare dell'attuale alleanza di governo. Ed è da qui che bisogna partire. Ormai le polemiche sulla crisi sono alle spalle. Negli ultimi mesi a chi contestava la scarsa rappresentanza popolare dell'attuale governo, è stato fatto notare che la nostra è, innanzitutto, una democrazia parlamentare. Giusto. Ma se così è, allora non si può prescindere dai numeri del Parlamento emersi martedì notte. E occorre chiedersi: è in grado una compagnie che, con ogni probabilità, non è maggioranza nel Paese e che oggi non ha più neppure il 50% più uno dei voti parlamentari, guidare la nazione in una fase così complessa e che richiederà impegnative assunzione di responsabilità, prima fra tutte l'impiego degli oltre 200 miliardi del Recovery fund? Ciascuno può dare la propria risposta. Sapendo che da essa dipende non solo il nostro futuro ma, anche e soprattutto, quello dei nostri figli e nipoti.

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