Caro Direttore,
seguo con giustificata curiosità il dibattito sui bambini nati al di fuori del tradizionale matrimonio, sulle adozioni, sull'utero in affitto e via dicendo. Come tutti, o quasi, sono per la difesa e la accoglienza dei nuovi nati da qualsiasi parte provengano. Detto questo, la confusione è tanta. È legittimo domandarsi se un bambino proviene da un mercato di spermatozoi o da un utero in affitto? Questa domanda rappresenta un'offesa ai futuri genitori? È mancanza di sensibilità per il bambino? Se interessarsi del metodo e della storia di un determinato fenomeno, diventa cosa sconveniente, occorre fare altrettanto per altre situazioni. Accettare, pertanto, che il fine giustifica i mezzi, basta essere chiari. Tutto ciò che si fa in molti Paesi esteri diventa un valido punto di partenza. Senza entrare in inutili moralismi, occorre domandarsi se cancellare le stesse parole di "madre", e "padre" rappresenta un vero progresso e la soluzione del dramma della "denatalità", o piuttosto affidare ad altri (l' Africa) la risposta ai nostri complicati enigmi.
Luigi Floriani
Conegliano
Caro lettore,
come spesso succede quando temi delicati e controversi dal punto di vista etico-biologico diventano materia di scontro o propaganda politica e si affrontano a suon di slogan, si finisce per perdere di vista l'essenza e l'inevitabile complessità del problema.
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