Caro direttore,
terzo mandato, un'apparente faccenda locale che servirà però a svelare la traiettoria che Elly Schlein intende seguire. Vincenzo De Luca ci sta lavorando da tempo, dice che non bastano dieci anni per cambiare la Campania, gliene servono altri cinque, poi si vedrà. Stefano Bonaccini si era detto possibilista sull'ipotesi, una volta diventato segretario, di derogare alla regola del Pd che prevede lo stop ai due turni da presidente; con la vittoria di Elly Schlein la strada per De Luca sembrerebbe sbarrata. Come finirà questa storia nessuno può saperlo ma qualche idea è possibile farsela. Per farsene un'idea si può andare al 2006 quando De Luca non venne candidato sindaco di Salerno dal suo partito. A quel punto che fece? Due liste civiche, soltanto due, con le quali andò alla pugna contro l'intero centrosinistra ufficiale dell'epoca, che di liste ne schierò una mezza dozzina almeno, con i simboli di tutti i partiti. Risultato? De Luca vinse con le sue due liste.
Antonio Cascone
Padova
Caro lettore,
la sfida con l'imprevedibile e inaffondabile governatore campano, funzionerà da cartina al tornasole sulle capacità dì leadership interna di Eddy Schlein.
Nel suo intervento di investitura la neo segretaria ha annunciato di voler chiudere la stagione dei "capi bastone e dei cacicchi". Non ha fatto nomi ma in molti, ricordando anche le polemiche sulle primarie in Campania, hanno visto in queste parole un affondo contro alcuni esponenti della vecchia guardia e in particolare contro l'inossidabile De Luca. Conoscendo la sua determinazione ben difficilmente il governatore campano accetterà di uscire di scena e, benché le condizioni politiche non siano favorevoli, non rinuncerà neppure facilmente all'obiettivo di ottenere una legge per un terzo mandato di presidente della Regione. Schlein si troverà a dover scegliere. O venire in qualche modo a patti con De Luca o andare allo scontro con lui. Nel primo caso le ambizioni rinnovatrici della neo segreteria subiranno un inevitabile colpo di freno. Nel secondo caso Schlein lancerà un segnale chiaro al suo partito e non solo, ma dovrà accettare di misurarsi con un vecchio leone che ha fatto della spregiudicatezza e dell'abilità manovriera a tutto campo due delle armi vincenti della sua lunga e fortunata carriera politica. Per la neo segretaria sarà una partita tutt'altro che semplice e per nulla scontata nel suo esito finale. Ma si tratta di un passaggio chiave. La storia del Pd insegna che molto spesso i segretari sono stati vittime degli equilibri interni e delle lotte intestine, più che degli avversari esterni. E se Schlein vuole affermare la sua leadership prima di tutto deve farlo dentro il suo partito. Se fallisce su questo fronte e rimane ostaggio di potentati e correnti, difficilmente avrà poi la forza e la credibilità per porsi come alternativa a Giorgia Meloni. Che infatti prima diventare premier un partito l'ha costruito e guidato con mano ferma.
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