Per tutelare davvero le donne la legge sul "codice rosso" deve funzionare nelle modalità e nei tempi di risposta

Domenica 12 Marzo 2023

Carissimo direttore,
ho apprezzato l'accento discordante rispetto alla mia narrazione della denuncia di "molestie" della consigliera regionale Cecchetto sul Gazzettino di ieri. Però caro Papetti dovrebbe indignarsi di più per le 120 donne uccise nel 2022 da partner o ex mariti. Dovrebbe contestare in modo più risoluto quella legge che, pur avendo inserito il codice rosso, nei fatti non aiuta le donne a uscire dal pericolo di violenze e femminicidi.


Giobatta Benetti


Caro lettore,
non mi cada nel "benaltrismo", cioè in quell'atteggiamento che assumono coloro che quando si muove una critica che, in tutto o in parte, non condividono, replicano dicendo che c'è "ben altro" per cui indignarsi, arrabbiarsi o contestare".

Se ogni tre giorni in Italia una donna viene uccisa dal proprio partner, non è una buona ragione per minimizzare o derubricare a futili bisticci alcuni comportamenti che comunque ledono e violentano la dignità di una donna. Famosa o meno che sia. Anzi credo che esista un sottile ma evidente filo rosso, una pericolosa sub cultura, che lega tra di loro questi fatti. Quanto alla legge sul cosiddetto "Codice rosso" contro le violenze sulle donne sono perfettamente d'accordo con lei. È un'ottima legge ma si è rivelata insufficiente, va modificata e rafforzata. Soprattutto in un punto chiave, quello che peraltro dà anche il nome alla norma richiamando i colori che al Pronto soccorso dell'ospedale contraddistinguono i diversi livelli di emergenza e i tempi di intervento. La legge, emanata nel 2019, prevede infatti che una donna che denuncia una violenza vada ascoltata dai magistrati entro tre giorni in modo tale da valutare subito la reale entità del pericolo e verificare se si è di fronte a una persona che corre seri rischi, addirittura per la propria vita. Purtroppo però questo vincolo temporale viene spesso ignorato. Perché negli uffici giudiziari manca il personale. Perché talvolta chi raccoglie la denuncia non è adeguatamente preparato. Perché ci sono anche altre emergenze. O per una serie di altri motivi. Resta il fatto che a differenza di ciò che prevede la legge, in molti casi trascorrono ben oltre tre giorni prima che il caso venga affrontato. Con una doppia, negativa conseguenza. Che in caso di rischio grave non scattano immediatamente le tutele previste dalla legge come il divieto di avvicinamento per il coniuge violento o il braccialetto elettronico e che la donna che ha trovato la forza di denunciare (e sappiamo che non è mai una scelta facile) si sente abbandonata o tradita anche dallo Stato che dovrebbe tutelarla.

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