La crisi del Pd è la crisi di un partito che ha rinunciato a difendere i ceti più deboli e meno garantiti

Giovedì 28 Giugno 2018
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Caro Direttore,
dopo la segreteria di Matteo Renzi e la sua sconfitta referendaria del 2016, il PD è praticamente scomparso dalla scena politica e siamo a doverci chiedere chi farà opposizione a questo nuovo Governo. Penso che la colpa più grave della dirigenza del PD in questi ultimi anni sia stata quella di non aver capito quelle che erano le esigenze del Paese e quali le sue paure e preoccupazioni reali. Ma oggi ho l'impressione che si stia commettendo un altro e più clamoroso errore: quello cioè di non capire l'opportunità che la sinistra italiana ha davanti a sé. Quella di poter dar vita ad una grande riflessione che coinvolga le parti migliori del Paese: dai militanti alle associazioni di volontariato, agli intellettuali fino ai semplici cittadini. Una riflessione che parta dalla scelta di un gruppo dirigente nuovo e presentabile ma soprattutto da un progetto con contenuti, proposte concrete e mirate a risolvere i problemi della vita quotidiana delle persone. Un PD che dovesse perdersi in lotte intestine cercando di mascherarle con accuse di fascismo o razzismo a questo o a quell'avversario politico sarebbe destinato a perdere la ricchezza della sua storia e di conseguenza a non aver futuro.


Maurizio Conti
Portogruaro (Venezia)


Caro lettore,
il 4 marzo ha rappresentato per il Pd un punto di non ritorno. Non averlo compreso e ritardare una riflessione profonda su questo punto non fa altro che rendere sostanzialmente irrilevante la presenza politica del Pd e consumarne nelle diatribe interne il progressivo disfacimento. C'è una emblematica battuta dell'attore Pif, certamente non sospettabile di simpatie destrorse, che circola in questi giorni. Recita: «Se sei ricco è facile essere di sinistra perchè non hai un rom o un immigrato come vicino di casa». Una provocazione, certamente. Ma che va al nocciolo della questione democratica: in questi anni il Pd si è progressivamente allontanato dai problemi reali e concreti della gente, dalle sua paure e dalle sue insicurezze per inseguire i diritti civili e umani: le unioni, il testamento biologico, l'accoglienza senza se e senza ma, etc. Di fronte all'esaurirsi delle ricette neo-socialdemocratiche il Pd si è rifugiato in una sorta di neo-radicalismo, che ha nelle minoranze e nei ceti più garantiti i suoi punti di riferimento. Non so se partendo da questa deriva sia possibile ricostruire un nuovo Pd e serva invece qualcosa di completamente diverso. Forse lo capiremo nei prossimi mesi. Personalmente non credo esista una parte migliore e una parte peggiore del Paese. Anzi credo che questo approccio sia proprio uno dei fattori della crisi della sinistra italiana: la presunzione di essere dalla parte del bene e del giusto, a prescindere. Credo però che in una nazione democratica debba esistere una maggioranza e un'opposizione: la prima governa, la seconda lavora per assumere in futuro la guida del Paese. Oggi nell'anomala situazione italiana questo equilibrio non c'è. E la dialettica si consuma quasi tutta all'interno della ibrida maggioranza Lega-5Stelle.
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