Un freno alla presenza di medici e virologi in tv può essere utile per tutti. Anche per loro

Sabato 25 Settembre 2021
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Egregio direttore,
virologi, infettivologi, medici ed immunologhi in televisione solo con autorizzazione. Questo prevede il nuovo ordine del giorno, al decreto legge sul green pass, accolto dal governo. I nostri ineffabili politici una ne fanno e cento ne pensano, in barba all'articolo 21 della nostra Costituzione, che tutela senza se e senza ma la libertà di parola e pensiero. Credo che non manchi, in tale decisione, un pizzico di gelosia: onnipresenti in tutte le salse nei salotti televisivi i nostri politici hanno visto la loro presenza offuscata dal nuovo ruolo assunto dalla classe medica . Sempre viziati e coccolati da tutti i mezzi di comunicazione, credo, non abbiano accettato di perdere, a causa del Covid, lo storico ruolo che avevano di prime donne.


V.M.Padova


Caro lettore, 
siamo d'accordo: è probabilmente vero che dietro questo provvedimento ci sia anche un pizzico di invidia e di gelosia da parte di qualche politico morto di fama e più assente del solito dai teleschermi.

Com'è vero che quello della presenza di virologi e affini in tv non è certo il primo, e neppure il decimo, dei nostri problemi. Tuttavia confesso di non essere così contrario a questa proposta. Innanzitutto perchè la legge proposta non introduce un divieto, ma prevede un'autorizzazione, che può essere negativa ma anche positiva. Non siamo di fronte a un atto di censura preventiva o di lesa maestà, ma alla richiesta di un nulla osta. La Costituzione è salva e i diritti umani comunque garantiti. Tantopiù che questa è una regola che in campo sanitario, a molti livelli, già esiste. Se infatti il primario o un medico di una struttura ospedaliera pubblica del Veneto vuole rilasciare una dichiarazione o un'intervista su temi che attengono la sua attività, prima di farlo, deve chiedere l'autorizzazione alla direzione della sua Usl di riferimento. Anche noi giornalisti preferiremmo non fosse così, ma è una regola che ha una sua logica, perchè la comunicazione, cioè quello che viene trasmesso ai cittadini, su un tema così delicato come la salute, non è un aspetto secondario della politica sanitaria. Ci sono valutazioni che spesso non competono solo al singolo medico, ma chiamano in causa aspetti più complessi. Gli ambiti in cui medici, ricercatori e primari possono esprimersi e confrontare opinioni, valutazioni, risultati di studi e analisi possono essere anche altri. Non è necessario farlo in televisione o sulle pagine dei giornali, azzuffandosi magari con qualche collega che la pensa diversamente. E poi, dopo questa invasione mediatica di medici e scienziati-prime donne, non sarà opportuno per tutti, anche per gli stessi virologi e immunologi, tornare un po' alla normalità (e alla sobrietà)? 

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