I ragazzi che manifestano per tornare a scuola non vanno sbeffeggiati o criticati, ma ascoltati

Giovedì 3 Dicembre 2020
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Egregio direttore,
voglio dare un saluto alle signorinette che siedono fiere fuori dalle scuole protestando per non poterle frequentare. Cerco di capire le loro ragioni, ma devo dire che non abbiamo bisogno di nuove Grete Thumberg dell'istruzione. Capisco la voglia di parlare, di esserci, di farsi vedere anche in televisione esprimendo concetti tutto sommato scontati. Nell'attuale drammatica situazione, invocare inflessibili diritti alle presenze scolastiche è fuori luogo. L'unico diritto fondamentale che oggi si deve assolutamente rispettare è, deve essere, la salute, senza la quale non c'è vita! La scuola muove oltre 9 milioni di persone, ovvero una massa enorme di potenziali contagi, come ha già evidenziato l'esplosione della pandemia avvenuta nell'arco delle due tre settimane canoniche successive alla riapertura di metà settembre delle scuole. Mi pare inutile che le signorine ci parlino dell'importanza enorme della scuola, lo sappiamo perfettamente e di certo non la contestiamo. Ma il diritto alla scuola in presenza si scontra con il diritto alla vita. Care signorine, se in attesa dei vaccini studierete da casa ancora per un po', non succederà nulla di grave, mentre darete un buon contributo alla salute di tutti.

Piero Zanettin
Padova


Caro lettore,
non sono un fan di Greta Thumberg e penso che riaprire subito le scuole senza prima aver organizzato in modo adeguato il sistema dei trasporti e le presenze in aula sarebbe un grave errore.

La curva dei contagi parla chiaro: l'impennata di positivi nella seconda fase coincide proprio con la riapertura delle scuole. Quindi prima di riportare tutti gli studenti in aula è necessario creare le condizioni necessarie: ho molti dubbi che la ministra in carica sia in grado di farlo, ma dobbiamo almeno sperarlo. Ciò detto, viviamo già una stagione di divieti e di restrizioni, vogliamo dare almeno la possibilità a questi ragazzi di manifestare civilmente il loro disagio, le loro preoccupazioni? Non fanno nulla di male. Non sono signorinette, ma giovani cittadine (e cittadini) che, con gli strumenti che hanno disposizione, pongono un problema che è reale. Per il presente e per il futuro. Per loro, ma anche per noi. Perché rischiano di perdere un anno scolastico in una fase cruciale della loro formazione. Un anno che non potranno recuperare e che peserà al momento di fare scelte più impegnative nel mondo dell'università o del lavoro. Già scontiamo un gap formativo nei confronti degli studenti di altri paesi, questa situazione rischia di aggravarlo. Con tutte le conseguenze del caso. Che gli studenti si preoccupino di questo più sembra importante. Andrebbero ascoltati non criticati.

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