La strategia di Conte è tirare a campare: proprio quello che il M5s voleva demolire

Domenica 1 Agosto 2021
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Buongiorno Direttore,
quando si hanno le idee chiare tutto è più facile. Prendiamo la riforma delle Giustizia del ministro Cartabia. Il CdM approva un testo all'unanimità. Divenuto pubblico sono iniziati i distinguo, le prese di distanza, la pantomima più volte vista nel teatrino della politica italiana. Questa volta c'è un attore nuovo: Conte. Non so se avesse letto il testo, ma il ruolo lo obbligò subito a dire che quella riforma era inaccettabile per il M5S. Va da Draghi, ne parla, e dichiara che darà un apporto costruttivo ma che non indietreggerà di un centimetro dalla legge Bonafede e fa presentare ai 5S quasi mille emendamenti. Si mette dura, avrà pensato Draghi? Macché, dopo poche ore gli emendamenti scendono a 400. Passa ancora un giorno e li fa ritirare tutti dopo aver ottenuto quello che il ministro Cartabia aveva sempre detto ai microfoni: i reati da ergastolo e quelli più gravi vanno a sentenza e non saranno mai dichiarati non processabili. Dopo questo successo dà il via libera ai suoi per il voto di fiducia di martedì (pare). Dal granitico non si molla di un centimetro, Conte è passato, dopo aver ottenuto il nulla, al di più non si poteva pretendere, come dichiarato soddisfatto ai media.


Claudio Gera


Caro lettore,
credo che a Giuseppe Conte della riforma della giustizia e dei suoi contenuti importasse poco o nulla.

Era di fatto il suo debutto da aspirante leader politico pentastellato e doveva dimostrare di avere la stoffa e le qualità per interpretare il ruolo. Che il palcoscenico fosse la giustizia o l'economia era del tutto secondario. Forse è bene ricordare che la riforma Cartabia non era un'opzione ma una necessità: cambiare la legge Bonafede, una delle bandiere pentastellate che aveva introdotto nel nostro ordinamento l'obbrobrio giuridico del fine pena mai, era una delle condizioni richiesteci dall'Europa per accedere ai fondi del Pnrr. Ma anche di questo a Conte non sembrava importare granché. Lui era preoccupato quasi esclusivamente degli equilibri interni a M5s, delle mosse di Di Maio, dei tweet di Di Battista, dei sospiri di Grillo. Naturalmente, con questi presupposti, l'ex avvocato del popolo non poteva che rimediare una figuraccia. E accettare la riforma Cartabia. Anche perché ha trovato di fronte a se un interlocutore, Mario Draghi, che è abituato a decidere. Pratica difficile da comprendere per uno come Conte che quando era premier aveva ideato il concetto del salvo intese per varare provvedimenti legislativi che non avevano il consenso di tutta la maggioranza di governo e che quindi, salvo appunto diverse intese, avrebbero potuto essere poi modificate dai partiti in qualsiasi momento. Insomma una versione aggiornata del tirare a campare. Attitudine assai diffusa a tutti i livelli nel sistema politico italiano. Quello, per capirci, che il Movimento 5stelle avrebbe dovuto rivoltare come un calzino.

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