I Simpson, Caporetto e una società che non valorizza la responsabilità individuale

Giovedì 26 Ottobre 2017
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Caro direttore,
ieri un'alunna di quarta superiore mi ha chiesto se la sera prima avessi visto in televisione i Simpson, io ho risposto di aver visto un programma sulla disfatta di Caporetto. La tragedia della scuola di oggi sta tutta qui. Sessantenni alle prese con ragazzini di poco più di 15 anni, in pratica un gap generazionale che non ha precedenti. E mentre i ragazzi guardano i Simpson i sessantenni discutono di RAV, di Invalsi, delle competenze specifiche, di quelle d'Asse e pure dei rapporti tra queste due, ai sensi dei DPR, delle direttive Europee e di chi più ne ha più ne metta. Il tutto per soddisfare la follia burocratica di un sistema che pensa solo a salvaguardarsi. Poi quando si entra in classe si è incapaci di dialogare con ragazzi fragili che hanno bisogno di tutto meno che delle competenze specifiche.


Lino Renzetti
San Donà di Piave


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Caro lettore,
non serve essere un insegnante e neppure avere 60anni per constatare quanto profondo sia oggi il gap generazionale e la distanza di curiosità e competenze che separa gli adulti dai ragazzi, ma anche gli stessi ragazzi dai loro coetanei solo di qualche anno più giovani. Ma non si disperi: i Simpson e Caporetto sono pezzi di un mondo che cambia a una velocità impressionante. Un tempo padre e figli, talvolta persino i nonni, condividevano le stesse conoscenze, gli stessi valori, spesso anche gli stessi interessi. Oggi non è più così e non sarà più così. Ma ciò che mi sembra più preoccupante è un altro aspetto che emerge dalla sua lettera. Una società così complessa, conflittuale e veloce, proprio a partire dalla scuola, dovrebbe porsi il problema di valorizzare le persone, metterle in condizione di misurarsi con una realtà complessa e mutevole. Vorrei sbagliarmi, ma ho l'impressione che stia succedendo l'esatto contrario. In realtà stiamo togliendo sempre più importanza e valore alla responsabilità individuale. Ad essa viene preferita una strisciante dittatura delle regole, delle direttive e delle burocrazie. Ad ogni livello: dalla scuola al mondo del lavoro. Non ci si preoccupa di far crescere cittadini consapevoli e consapevolmente liberi di scegliere. Si trasformare l'esistenza in un percorso ad ostacoli tra imposizioni, norme e divieti: questo si fa, questo si fa così, questo non si fa. Un eccesso normativo che non serve a nulla, se non a creare un fragile ed effimero ordine. Già quarant'anni fa in un libro diventato famosissimo, Avere o Essere, il filosofo Erich Fromm scriveva: I burocrati temono la responsabilità personale e cercano riparo dietro le loro regole; la loro sicurezza e il loro orgoglio risiedono nella lealtà verso le regole, non già nella lealtà verso le leggi del cuore umano. Forse è il caso di non dimenticarlo.
Ultimo aggiornamento: 16:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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