L'assurda (e grave) carenza di medici: la programmazione sbagliata e quel discutibile numero chiuso

Mercoledì 18 Gennaio 2023

Gentile Direttore ,
sono un sacerdote, non più giovane, della Chiesa veneziana ed ho impegnato nella scuola pubblica 41 anni, 16 nell'insegnamento di storia e filosofia. Ritengo opportuno segnalare un fatto di difficile comprensione relativo alla situazione sanitaria . Siamo un po' tutti testimoni che, anche nel nostro ambiente veneto, il sistema sanitario presenta parecchi aspetti positivi e nel contempo alcuni elementi di carenza e di non piena efficienza; ad esempio per alcune prestazioni mediche, quali esami clinici e visite specialistiche. Esiste tra l'altro in questo momento un problema del tutto inspiegabile; si rileva come un dato di fatto la notevole carenza di personale medico e infermieristico. E proprio in questo ambito risulta del tutto incomprensibile che venga applicata rigorosamente la scadenza della pensione indistintamente per tutti i medici di famiglia, anche nei confronti di coloro che in piena efficienza e con grande competenza si rendono disponibili a proseguire l'attività, per almeno un biennio. Il mio augurio a questo punto è che almeno il Governo Regionale non sia sordo a questa istanza per assicurare l'assistenza medica in modo del tutto certo.

Don Angelo Favero
Zelarino ( Ve)


Caro lettore,
la sua è una proposta di buon senso: ci sono molti medici ancora nel pieno delle loro capacità che potrebbero continuare la loro attività professionale nell'ambito pubblico ma sono costretti alla pensione. Tuttavia credo che un intervento di questo tipo potrebbe forse alleviare alcune situazioni di emergenza o di particolare criticità ma il tema della carenza dei medici, in particolare in alcune specialità, ha ragioni più profonde e necessità di interventi più radicali. È del tutto evidente che a livello nazionale negli anni scorsi sono stati commessi clamorosi errori di programmazione di cui oggi paghiamo le conseguenze con una pesante carenza di medici e infermieri. Ma non solo: da alcuni anni è stato anche introdotto il numero chiuso per le facoltà di medicina. Personalmente non sono contrario a questo strumento: penso che in alcuni casi, porre un freno e limiti all'accesso di alcune facoltà universitarie sia giusto e opportuno. Nel caso di medicina si è però rivelato un clamoroso autogol. Anche perché il presupposto che ha determinato questa decisione appare assai discutibile e per certi aspetti anche paradossale: non si è fissato un numero massimo di laureandi in medicina sulla base delle esigenze della sanità pubblica e privata, ma sulla capacità delle università italiane, in termini di docenti e di strutture, di formarli. Per essere ancora più chiari: poichè i nostri atenei non sono in grado di laureare, garantendo un adeguato livello di preparazione, oltre un certo numero di medici e infermieri professionali, allora è stato deciso di imporre il numero chiuso. Semplice no? Forse sarebbe stato più opportuno invertire il ragionamento: partire cioè dalla stima del numero di medici e infermieri professionali che sarebbero stati necessari e dotare nel tempo le università del personale e degli strumenti necessari per prepararli. Troppo logico? Probabilmente si.
 

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