Un assassino che si laurea in carcere è una bella o una brutta notizia? Comunque sia è giusto parlarne

Sabato 30 Marzo 2019
6
Egregio direttore, 
provo solo per un istante ad immaginarmi genitore di Silvia (la ragazza di 28 anni uccisa a coltellate nel 2013 mentre faceva jogging vicino a Udine). Leggo un articolo e soffro in silenzio. L'assassino di mia figlia si laurea in carcere e viene pure celebrato. Quanto il diritto di cronaca può far male ed offendere. Resto allibito in silenzio. La mia vita si è fermata assieme a quella di Silvia, il suo assassino va avanti. Migliora la sua condizione, rende felice i propri genitori. Io sono qui con il mio dolore, un lungo applauso in carcere accoglie il neo dottore. La sua vita va avanti, la mia no. Provo rabbia, schifo; era necessario pur di riempire una pagina scrivere questo articolo? Cortesemente non citiamo ancora una volta lo scopo rieducativo della pena. Tanti ragazzi tra tanti sacrifici si laureano ogni giorno, nessun articolo, nessun morto sulla coscienza. Il giorno successivo dovranno impegnarsi a trovare lavoro e andare avanti. Nella più totale e silenziosa normalità.


Giovanni Gastaldi
Sambughè (Tv)


Caro lettore, 
rispetto i suoi sentimenti e accetto le sue critiche, anche se non le condivido. Mi lasci dire che nessuno può immaginarsi papà o mamma di Silvia. Come nessuno può immaginarsi papà e mamma del suo accoltellatore. Non metto assolutamente sullo stesso piano chi si ritrova brutalmente privato di una giovane figlia e chi ritrova genitore di un assassino. Credo però che, nella loro diversa atrocità, siano dolori troppo grandi e troppo profondi per essere anche solo immaginati. Solo chi drammaticamente li vive e li ha vissuti può averne piena cognizione. Non so e non posso sapere cosa si agiti nel cuore di chi si è visto ammazzare la propria figlia di soli 28 anni. So però che la sofferenza non si alimenta solo di sete di giustizia. Talvolta anche di pietà e di speranza. Se non per se stessi, almeno per gli altri. A noi che facciamo il lavoro di giornalisti non è chiesto di raccontare la realtà. Nelle sue varie sfaccettature. Senza necessariamente giudicarla, ma senza nemmeno nasconderla. Possiamo chiederci: un assassino che si laurea in carcere è una buona o una cattiva notizia? E' una vittoria o una sconfitta per la nostra società? Qualcuno dopo aver letto ciò che abbiamo raccontato proverà certamente, come lei, rabbia e schifo. Qualcun altro, come il provveditore delle carceri del Nordest, vedrà invece in questo un barlume positivo, una dimostrazione che il tempo non passa invano. È comunque un fatto. Si può fingere che non sia successo. O invece approfittarne per riflettere e pensare. I giornali, pur con tutti i loro limiti, servono anche a questo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci