Quando i pregiudizi politici condizionano la valutazione (nel merito) delle leggi

Domenica 2 Aprile 2023

Egregio direttore,
duro attacco portato dalla Lega al presidente di Anac in seguito alle critiche dallo stesso rivolte al nuovo Codice degli appalti approvato dal Governo per i numerosi punti interrogativi che contiene.
Limiti alla trasparenza, appalti che potrebbero andare a un cugino o in cambio di un cospicuo numero di voti, innesco di un meccanismo di subappalti a cascata, rischio della sicurezza sul lavoro. Si maschera con una presunta semplificazione un surrettizio attacco programmato alla tenuta della legalità.
Ma in fin dei conti la Lega non è quel partito che negli anni ha distratto 49 milioni di euro destinati alle spese elettorali, populisticamente potrei dire soldi di tutti i cittadini, ma impegnati invece allegramente in spese e vantaggi personali. E seppur condannata al risarcimento ha ottenuto una comoda dilazione raramente concessa ad un povero disgraziato.


E allora perché stupirsi della reazione di Salvini?


Alessandro Biasioli


Caro lettore,
se sono gli slogan e i preconcetti ad animare il dibattito politico allora possiamo anche smettere di confrontarci e di discutere.

Ciascuno rimarrà sempre della propria opinione. Alle sue argomentazioni potrei replicare ricordando le parole del ministro Carlo Nordio. Che ha spiegato come, dal suo punto di vista, il nuovo codice sugli appalti è un passo in avanti importante proprio nella lotta alla corruzione perché semplifica i procedimenti, riduce ostacoli e passaggi e quindi anche le occasioni di corruzione. E Nordio, le ricordo, è l'ex procuratore aggiunto che ha guidato il pool di magistrati che ha scoperchiato lo scandalo Mose e svelato l'intreccio perverso di interessi intorno a questa grande opera. Può essere sospettato, per usare le sue parole, di voler sottoscrivere "un surrettizio attacco alla legalità"? Può essere accusato di voler favorire il malaffare? E dunque? Forse se imparassimo a discutere senza pregiudizi e senza ritenere di essere sempre noi i depositari della verità e gli altri, i nostri avversari politici, degli irrimediabili inetti e gaglioffi, il dibattito ne gioverebbe. Nel merito del codice degli appalti il nodo da sciogliere è semplice: ci lamentiamo spesso, e giustamente, della eccessiva burocrazia, dei troppi e inspiegabili ostacoli normativi, dei molti lacci e lacciuoli che rallentano tante opere pubbliche e private e in qualche caso ne impediscono anche la realizzazione. Ma quando si propone, almeno per taluni interventi di entità più limitata, di tagliare alcuni di questi lacci e lacciuoli, di ridurre una serie di passaggi spesso puramente cartacei, si viene accusati di non volere i controlli e di voler favorire il malaffare. Chiedo: è possibile trovare un punto di equilibrio tra le diverse esigenze? Tra la necessità di fare le cose (e farle bene) e quella di non offrire sponde a malaffare e criminalità? Credo di sì. Basta però, come prima cosa, accantonare i pregiudizi. E smettere di ritenere che una legge va bene e funziona se la fa il partito per cui simpatizziamo e votiamo. Se la fa un altro invece è un attacco alla legalità.

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