Il ritiro dall’Afghanistan non è la sconfitta di Trump o di Biden, ma dell’intera classe politica e militare Usa

Venerdì 20 Agosto 2021
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Caro Direttore,
in questi giorni i più accreditati politologi imputano a Biden la causa di quello che a ragione possiamo definire l’ultimo dramma del popolo afgano, senza però considerare, ed è questo un punto molto importante, che gli accordi per l’uscita degli USA dallo scenario afgano furono presi direttamente dal Presidente Trump con i guerriglieri afgani e ciò che è gravissimo, senza coinvolgere il governo in carica afgano, delegittimandolo di fatto dal ruolo di importante interlocutore. Trump voleva dunque personalizzare il risultato a fini esclusivamente elettorali. Alla luce dell’investitura politica ricevuta da Trump i talebani si sono sentiti autorizzati a dare un’accelerazione agli eventi non avendo più il legittimo governo afgano a cui rapportarsi... I fatti sono poi quelli che conosciamo; l’esercito afgano si è dissolto come neve al sole all’avanzare dei talebani e la classe politica afgana disorientata ed in fuga. Per Biden a questo punto l’alternativa era uscire rapidamente o continuare una guerra che in 20 anni aveva causato la morte di oltre 2400 soldati Usa e, non dimentichiamo, 53 soldati italiani nonché migliaia di civili. Troppo veloce è stato il disimpegno?
Aldo Sisto


Caro lettore,
il ritiro dall’Afghanistan e la riconquista da parte dei talebani del controllo del Paese non è la sconfitta di un presidente ne’ di un partito, ma di una classe politica e militare. Quella americana. Aldilà delle polemiche di questi giorni, sulla questione afghana c’è una fattuale continuità tra Trump e Biden: entrambi nella gestione della crisi afghana hanno privilegiato le ragioni interne a quelle internazionali. Le motivazioni con cui l’attuale inquilino della Casa Bianca ha giustificato il ritiro immediato delle truppe Usa, non sono nella sostanza molto diverse da quelle con cui il suo predecessore spiegò l’accordo del febbraio 2020 con i talebani.
Entrambi erano più preoccupati dal costo politico e militare della missione afghana e del suo prezzo in termini di consenso, che dei suoi concreti risultati e delle possibili conseguenze di un ritorno in forze dei talebani al potere (basti pensare al rischio terrorismo).

Non è un caso che anche autorevoli esponenti del partito democratico americano abbiano fortemente criticato la scelta di Biden. Valga per tutti ciò che ha detto David Axelrod, già braccio destro di Barack Obama: «Il modo in cui è stata eseguita questa uscita dall’Afghanistan è stato un fallimento e il presidente Biden lo deve ammettere e intestarsi questo disastro».

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