La sagra del paese, quella tradizione che è diventata solo un business

Domenica 19 Novembre 2017
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Ho 64 anni e la mia giovinezza l'ho trascorsa in un piccolissimo paesino che si chiama Fratta. Allora, l'alternarsi delle stagioni scandiva i cicli lavorativi delle persone dedite prevalentemente al lavoro della terra. Ma quando la campagna diventava di un colore giallo-rossastro, i giorni si accorciano, e il sole diventava meno caldo, il presagio di essere in autunno diventava realtà, stagione questa, che ci avrebbe portato l'evento che noi ragazzi aspettavamo da un anno intero: la sagra del paese! Che gioia questo avvenimento! Ci si divideva fra la bancarella dello zucchero filato, degli autoscontri, della giostra a catene, del chiosco con il tiro a segno, e ogni venditore magnificava la propria mercanzia. Le luci, i colori, il folklore, la gioia, ci rendeva tutti amici. In paese c'era una gara di solidarietà e tutti si mobilitavano per rendere speciale questa ricorrenza. Solo per pochi giorni, ma il paese cambiava, si animava, prendeva vita, per culminare la sera del 30 ottobre con il corteo in onore della Madonna benefattrice.

Purtroppo, dopo cinquant'anni di tante cose non è rimasto che uno struggente ricordo. Ora vivo in un altro comune dove addirittura dobbiamo pagare per entrare alla sagra. Quest'anno la sera del 30 sono arrivato a Fratta e la processione era ahimè già finita, l'osteria che tanto animava la sagra era chiusa, nessuna luce, nessun colore, ho guardato la chiesa sopraffatto da un senso di tristezza e di malinconia. Io non ho paura della morte, ma di ciò che vedo morire quando sono ancora in vita.

Guido Maso
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