Al rientro dalla maternità sono stata
discriminata dalla mia azienda

Giovedì 20 Marzo 2014
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Buongiorno,

chiedo (retoricamente) se è possibile che, alla soglia dei 40 anni, con un bambino di un anno, un mutuo di 25 anni, una laurea in lingue, 20 anni di esperienze lavorative e tanta voglia di lavorare (cosa incontrata raramente negli ambienti frequentati in questi quasi 3 lustri), ci si possa ritrovare, al rientro dalla maternità (a rischio, causato dal senso del dovere - ora purtroppo dimenticato e comunque non riconosciuto), con un primo "invito" a "rimanere a casa "perché sicuramente avrai voglia di accudire tuo figlio", reiterato dopo 5 mesi dal rientro in ufficio con una "proposta di mobilità"?



Senza contare che al rientro al lavoro, nonostante i diversi accordi, si può essere demansionati come è capitato a me. Adducendo al "poco fatturato" (di un'azienda appena acquistata da un Grande Gruppo) da indispensabile (e sappiamo bene che siamo tutti utili, ma nessuno...) impiegata dell'ufficio export di una ditta produttrice mobili di lusso, mi sono ritrovata (e citerò solo gli incarichi più degni di nota) a rispondere al centralino, fare e servire caffè, elemosinare alle colleghe qualche lavoretto e, ricominciare l'iter dell'invio (quasi compulsivo) di curriculum.



Chiedo quindi quale futuro ora posso pensare di poter dare al mio bambino? Quali sentimenti posso trasmettere in questo importante momento di sviluppo psico-fisico della mia creatura se ciò che può percepire - nonostante i sorrisi e le coccole - è malumore, tristezza, delusione e scoramento?



E il progetto di un altro figlio che io e mio marito volevamo mettere in pratica? Purtroppo xxx è arrivato tardi dopo una gravidanza andata male, e per la sua serenità futura avremmo voluto dargli una compagnia: qualcuno della sua famiglia, qualcuno col suo stesso sangue con il quale - visti i genitori avanti con l'età - condividere la vita in tutti i suoi aspetti.



Ora tutto sta svanendo perché 20 anni di studi (anche all'estero) non servono più se diventi madre, l'esperienza e la disponibilità di lavorare senza guardare orari e date sono vane se fai un figlio, il desiderio di assicurare un futuro al tuo bambino facendo sacrifici svanisce se decidi di metterlo al mondo.



Ora mi ritrovo con un pugno di mosche in mano: ho le potenzialità ("con le tue capacità trovi sicuramente un altro lavoro") ma di risposte neanche l'ombra. Secondo voi c'è una soluzione? Qui nel Nord-Est, a Padova, sembra ci sia tanto lavoro, ma come mai dobbiamo assistere a questa sorta di discriminazione quando ci sarebbe ancora tanto da dare?



Cordiali saluti,

Lettera firmata

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