La verità su Giulio Regeni e il "caso ambasciatore"

Venerdì 18 Agosto 2017
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Caro Gazzettino,
l'ambasciatore torna al Cairo Il governo italiano ha dunque deciso di far tornare il nostro ambasciatore al Cairo. E’ bastata una telefonata tra le due Procure, quella del Cairo e quella di Roma, in cui si parla di nuovi scambi di documenti sulla morte di Giulio Regeni, per fare abbandonare al ministero degli esteri italiano l’unica vera forma di pressione sul regime del generale Al Sisi.
Il governo italiano, così come quello inglese, e così come le istituzioni universitarie di quel Paese, che avevano inviato Regeni al Cairo per la sua ricerca di dottorato, hanno abbandonato nei fatti la ricerca della verità sulla morte di Giulio, ed hanno accettato supinamente che la ragion di Stato – quanto vale la vita di un giovane studioso di fronte ai corposi interessi economico-politico-militari? – prevalesse una volta di più sulla difesa della democrazia e sulla salvaguardia dei più elementari diritti umani. Del resto in molti, anche qui in Italia, nel voltare la testa da un’altra parte si chiedevano: perché mobilitarsi per questo ragazzo, di fronte ai moltissimi che muoiono dovunque, ogni giorno, in circostanze drammatiche?
La risposta è semplice e l’hanno data fin da subito, con una determinazione ammirevole, i genitori di Giulio Regeni: perché la morte del loro figlio è un esempio simbolico del fatto che ancora oggi possono accadere vicende così terribili nella più completa indifferenza da parte delle cosiddette nazioni civili. La battaglia per la verità sulla morte di Giulio Regeni torna dunque ora nelle mani della opinione pubblica e di tutti noi che ci siamo mossi in questi mesi: lo dobbiamo a Giulio, lo dobbiamo ai suoi genitori, e lo dobbiamo alle centinaia di giovani, egiziani e non, che ogni giorno subiscono il suo stesso calvario.
Mario Breda
Padova

 
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