La tendenza a giudicare non salva gli esperti

Mercoledì 7 Giugno 2023

All'inizio del secolo scorso i saperi cominciarono a diventare sempre più specializzati: una persona colta non sarebbe stata in grado di capire i progressi della scienza in sempre più ambiti della ricerca.

Il filosofo inglese Frank Plumpton Ramsey ebbe a dire, nella riunione della "Aristotelian Society" del 28 febbraio 1925, che in futuro non ci sarebbe stato più nulla da discutere.

Si sarebbe potuto solo ascoltare l'esperto della materia. L'asimmetria di conoscenze tra uno specialista e gli altri soci avrebbe messo questi ultimi in condizioni di totale subalternità.


Poco dopo uno scrittore austriaco, Robert Musil, nel suo romanzo-saggio "L'Uomo senza qualità", predisse che in futuro avremmo avuto persone sempre più esperte in ambiti sempre più ristretti. Ognuno sarebbe stato consapevole di dire sciocchezze al di fuori del suo specifico campo di competenze.


Il filosofo e lo scrittore sbagliavano. Passato un secolo, ognuno dice sempre più spesso la sua. Anche in senso buono: mosse da affetto e compassione, le persone danno consigli, non avendo, e non sapendo di non avere, la preparazione necessaria per darli. Sono espressioni di amicizia, talvolta di buon cuore, ma al contempo manifestazioni della tendenza a giudicare. Giudicare comunque: l'esempio più chiaro, e drammatico insieme, di questo stato di cose è la fiducia nel medico di base. In teoria, la fiducia nel medico di base e, poi, negli specialisti di cui lui, a sua volta, si fida, dovrebbe essere totale perché abissale è l'asimmetria di conoscenze su come funziona il corpo umano. In pratica le cose non vanno così: le persone meno sanno, più credono di sapere.


Molti anni fa, mi è stato chiesto di iniziare a costruire una nuova università all'interno di un noto ospedale milanese. I pazienti esprimevano con sicurezza pareri sui medici per lo più in base a due criteri usati in modo confuso. Questi due criteri, in inglese, corrispondono alla dicotomia "care-cure": l'assistenza nel suo complesso alla persona sofferente e, d'altro canto, la cura del corpo ammalato. La prima è più facile da giudicare e talvolta si pensa, erroneamente, che sia collegata alla seconda. Forse capita anche con il medico di base.


Purtroppo la novità, che neppure passava per la testa al filosofo e al romanziere di un secolo fa, è la crescente popolarità di una nuova forma di intrattenimento in voga sui media. Su qualsiasi argomento assistiamo a diverbi e litigi. Più forti e appassionanti tanto più presunti esperti e pubblico conoscono solo vagamente l'oggetto del contendere. Inevitabile quindi che la fiducia negli esperti sia calata, persino la fiducia nel proprio medico di base.
Le persone più anziane sono meno vittime di questi meccanismi perché in loro splende ancora flebile il riflesso di un umile e saggio mondo antico.

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