Lettera aperta di un allestitore fieristico: la crisi ci sta togliendo tutto, anche la dignità

Domenica 31 Gennaio 2021
Lettera aperta di un allestitore fieristico: la crisi ci sta togliendo tutto, anche la dignità

Caro Gazzettino,

era la sera del 24 febbraio 2020, quando scendevo a Venezia dal volo di rientro da Palermo. C’era stata Expocook, una manifestazione fieristica (foto) che stava crescendo, ma che ha ancora una dimensione “umana”, di quelle che non vedi l’ora di tornarci l’anno dopo per incontrare ed abbracciare i colleghi, gli amici, che hai aiutato e che ti hanno aiutato a risolvere gli inevitabili problemi che sorgono durante il montaggio delle fiere.

Expocook è stata la mia ultima partecipazione ad una fiera, l’ultimo lavoro che ho potuto seguire.

Da allora, salvo una breve quanto dannosa finestra apertasi a settembre 2020, le fiere sono chiuse. Chi scrive è un allestitore fieristico. La mia è una delle centinaia di aziende italiane, prevalentemente micro o piccole imprese, che danno lavoro a 120.000 anime, senza calcolare l’intero indotto, che da fine febbraio 2020 sta aspettando di poter riprendere a lavorare, con una perdita media di fatturato dell’80%.

Dal mese di aprile 2020, consapevoli di quanto stava per succedere, alcuni di noi si sono mossi per creare un gruppo sui social dove poterci confrontare, consigliare e supportare, dove poter trovare una voce amica. Questo ‘movimento spontaneo’ ha preso il nome di #allestitorisinasce. Oggi conta poco meno di 500 partecipanti.

Abbiamo cercato il modo di reinventare le nostre aziende, strutturate per affrontare un’importante mole di lavoro da svolgersi in tempi brevissimi, perché questo è il lavoro dell’allestitore, cercando palliativi che potessero offrirci qualche opportunità di lavoro al di fuori dalle fiere, inesorabilmente insufficiente a coprire nemmeno le spese vive, utile solo a mantenere le menti occupate in modo da non dover pensare continuamente a quanto sta accadendo, all’ineluttabile: le aziende di allestimento italiane, a 11 mesi dallo stop forzato delle loro attività, vivono una crisi senza precedenti storici, molti di noi hanno già chiuso i battenti e chi tenta di sopravvivere lo fa nella totale indifferenza da parte dello stato, una crisi la cui prossima conseguenza è la chiusura, il fallimento di centinaia di aziende, con la disoccupazione che ne conseguirà.

Con il gruppo #allestitorisinasce abbiamo lavorato per porre le basi di un dialogo con le istituzioni centrali e periferiche. Alcune figure politiche hanno ascoltato con attenzione le nostre parole, prendendo a cuore la nostra causa. Hanno lavorato molto per poterci aiutare e hanno ottenuto un primo, sostanziale, grande risultato: in uno degli ultimi decreti del MiBACT è apparsa la figura dell’allestitore fieristico. Mi rendo conto che possa sembrare strano definire “grande” un risultato come questo, ma lo ribadisco, è stato davvero il più grande risultato ottenuto. Perché fino a due mesi fa nei mille decreti pubblicati si era arrivati a parlare di Fiere (ovvero quartieri fieristici, per intenderci i capannoni dove si svolgono le fiere) e Organizzatori di eventi, ma mai di Allestitori. Siamo stati totalmente dimenticati.

Eppure, nel nostro insieme il fatturato annuo è pari al doppio di quello dei quartieri fieristici, sui numeri dovremmo avere addirittura un peso superiore; ciò nonostante, gli aiuti diretti sono stati destinati esclusivamente alle altre componenti del comparto fieristico. Nel periodo di dicembre 2020, a seguito delle nostre insistenze e al prezioso sostegno di alcune figure politiche, è stato aperto un dialogo con i Ministeri coinvolti nella gestione della crisi economica, dialogo che ci vede finalmente coinvolti assieme ad altre categorie gravemente in difficoltà.

Ad oggi, sono stati stanziati dal MiBACT 20 milioni di euro per il comparto fiere, suddivisi in questo modo:

7,5 milioni agli enti fiera,

7,5 milioni alle segreterie organizzative

e 5 milioni da suddividere tra aziende di trasporti, servizi di logistica e allestimento fieristico, a loro volta distribuiti sulla base di criteri che purtroppo hanno escluso molti di noi.

La media di ristoro ottenuto dalle fortunate aziende di allestimento che sono riuscite a soddisfare i criteri è inferiore ai 7.000 euro, 173 aziende sotto i 1000 euro, con estremi di pochi centesimi di euro. Sembra quasi una presa in giro, per aziende che nel 2019 fatturavano tra i 2 e 3 milioni di euro l’anno. Questo fondo è stato di recente ampliato con un plafond più consistente che potrebbe rappresentare per molti di noi una speranza di sopravvivenza; il problema sono i tempi di erogazione, siamo in attesa che vengano definiti i criteri attuativi e l’unica informazione che abbiamo è che questi nuovi ristori “dovrebbero” arrivare entro fine giugno. Peccato che da soli non ce la faremo ad arrivare a giugno.

Riascoltavo, nei giorni scorsi, l’intervento della senatrice Liliana Segre al Parlamento Europeo di un anno fa. Lungi da me il voler paragonare anche lontanamente il dramma che ha vissuto quella persona e milioni di altre vittime con quanto sta succedendo a noi, sarebbe fuori luogo e irrispettoso, mentre al contrario la memoria di quei drammatici eventi merita il più alto rispetto. Ritengo, invero, che il modo migliore di rispettare quella memoria sia farne tesoro, in questo senso ne voglio fare un accenno.

Mentre ascoltavo la sua preziosa testimonianza, quando raccontava di come venissero privati di qualsiasi dignità, mi sono profondamente commosso, in un modo inaspettatamente smisurato. Ne ho sofferto il ricordo in prima persona. Mi sono poi reso conto, che la perdita di dignità è quello che molti di noi stanno vivendo ed è quello che mi ha intimamente colpito nelle sue parole. Non è tanto la pesante perdita economica, che già di per sé ci ha messi in ginocchio; la cosa peggiore è l’averci tolto la possibilità di lavorare. Cerco di spiegarmi meglio: nella mia vita ho fatto molti lavori e sono venuto a contatto con molteplici tipologie di attività. Pochissime, o forse nessuna di queste attività richiede la stessa profonda, radicata passione che ho trovato nel mondo degli allestimenti fieristici. Chi lo fa, chi fa il mestiere dell’allestitore fa del suo lavoro la sua vita. Le competenze necessarie, l’impegno, i ritmi, la capacità di problem solving, il lavoro di gruppo richiesti nello svolgimento della professione sono tali per cui la passione è condizione sine qua non per poterla svolgere. Ci è stato tolto il lavoro, ci è stata tolta la nostra passione, quello per cui abbiamo vissuto fino a ieri. E siamo stati dimenticati, bistrattati. Ci è stata tolta la dignità. Mi rendo conto che questa è la causa dello svegliarsi ogni notte in pieno sconforto, tentando inutilmente di cercare una soluzione ad un problema più grande di me, del non riuscire più a sorridere, non trovare più la forza che avevo fino a qualche mese fa nell’incitare i miei colleghi e nel trovare il bicchiere sempre mezzo pieno, dell’angoscia di non riuscire a intravvedere la fine di questo tormento.

Saper chiedere aiuto non è facile, è anzi un risultato che si conquista solo con l’esperienza, per non dire con l’età. Ora chiediamo aiuto. Ora noi allestitori, che da sempre siamo quelli che aiutano e che si aiutano vicendevolmente, ora siamo noi a chiedere aiuto, un aiuto per sopravvivere. Un aiuto per riavere la nostra dignità.

Chiedo al Governo di ascoltarci, di vedere che esistiamo e che stiamo morendo, di darci degli strumenti veloci e proporzionati alle nostre necessità, proporzionati alle perdite che stiamo affrontando, proporzionati al valore del nostro lavoro. Perché quando arriverà la ripresa, perché la ripresa arriverà, le fiere giocheranno un ruolo strategico per il rilancio dell’economia, ma se non ci saranno più gli allestitori non ci saranno più nemmeno le fiere. In fede, un Allestitore.

Alessandro Fogolin

Treviso

Ultimo aggiornamento: 21:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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