Sei ore di coda, per fare un tampone molecolare

Giovedì 30 Dicembre 2021
1

 Caro Gazzettino (e autorità venete),
scrivo  per portare l'attenzione su una questione che a una prima lettura può sembrare banale ma, se si ragiona sulle implicazioni, assume una connotazione diversa e importante per l'opinione pubblica.
Sei ore, per fare un tampone molecolare. Non sarebbe nulla se le 6 ore non fossero trascorse in piedi, al freddo, in regime di assembramento e senza poter andare al bagno o a mangiare qualcosa e senza sapere se saremmo riusciti ad arrivare all’accettazione in tempo prima della chiusura della stessa.
 
Ma partiamo dall’inizio: alle ore 9.30 di questa mattina 30 dicembre 2021, mi presento al punto tamponi di San Donà di Piave dedicato ai tamponi molecolare con ricetta medica, mi metto in fila per presentarmi negli uffici dell’accettazione in attesa del mio turno. La fila è sul marciapiede del punto covid e la temperatura è di 3°. Dopo 15’ di attesa io e il ragazzo che mi precede ci accorgiamo che 20 metri più avanti, nei pressi di un gazebo, c’è un distributore di biglietti numerati elimina code e, mentre io tengo i posti in coda, lui prende un biglietto a testa. Dopo circa 3 ore facciamo i 20 metri che ci separano dal suddetto gazebo, nel frattempo è giunta l’ora di chiusura dell’ufficio adibito ad accettazione che dovrebbe chiudere dalle 12.30 alle 14.00. 
Nessuno dei presenti (centinaia di persone) ha una vaga idea del ruolo dei biglietti elimina code a causa della mancanza sia di cartellonistica informativa in merito, sia di personale addetto alle relazioni: le uniche informazioni provenienti dall’accettazione sono “I numeri non servono, se qualcuno prova a fare il furbo fatevi valere”; alla notizia qualcuno comincia, a ragion veduta, a rumoreggiare, non tanto per la risposta delle addette che fanno tutto il possibile per velocizzare le procedure, quanto per una lapalissiana e preoccupante mancanza di organizzazione del sistema. 
Arrivati sotto il gazebo siamo circa a metà strada, le addette all’ufficio accettazione riducono la loro pausa pranza da un’ora e mezza a trenta minuti per cercare di smaltire più coda possibile anche se questo aiuta ben poco. Dopo altre 2 ore passate sotto il gazebo arriviamo in vista dell’entrata dell’ufficio e scopriamo che il personale è di sole 3 persone che si devono occupare anche dei bambi e ragazzi presenti in liste scolastiche. Vicino alla porta dell’ufficio c’è un foglio A4 scritto a pennarello che recita: “Per entrare prendere il numero al distributore elimina code”. Una delle addette, vista la situazione, si prodiga nel preparare un tavolino esterno per processare direttamente tutti i bambini delle liste scolastiche e aiutare le persone esterne per velocizzare ancora di più le procedure. Dopo un’altra ora circa riusciamo a raggiungere l’accettazione e alle 15:36 finalmente entro nel hub del tampone.
 
Questa storia potrebbe essere un semplice aneddoto divertente da raccontare a amici e parenti, se non fosse che qualche domanda sorge spontanea: come hanno fatto quelle famiglie che avevano appresso bambini di 6-7 anni a tenerli buoni e tranquilli in piedi al freddo per tutte quelle ore? E quel padre solo che ha tenuto il figlio di poco più di 2 anni addormentato in braccio per più di un’ora? E quella mamma con i figli con la febbre alta che chiedeva di poter passare avanti per paura che i sintomi dei suoi bambini peggiorassero? E la signora con la febbre e la tosse appena dietro di me? E se, a causa dell’informazione nulla, fosse scoppiato un diverbio cosa sarebbe successo? E se in coda ci fosse stato un anziano magari fragile? E quelle persone dietro di noi che non avranno fatto in tempo ad arrivare all’accettazione prima della chiusura e avranno fatto ore di fila con la certezza di dover tornare il giorno dopo? 
In quelle 6 ore nessuno si è potuto muovere dalla fila nella speranza di farcela e con la paura di perdere il posto, nessuno ha mangiato o si è idratato, tutti hanno resistito stoicamente alla temperatura che è oscillata tra i 3 e i 7° e il rischio di contagio per le persone non affette da covid-19 è molto probabilmente stato alto.
Ma nell’era della comunicazione e della digitalizzazione e con tante persone che hanno bisogno di lavoro, veramente non riusciamo ad organizzare un sistema migliore? Le ricette mediche orami sono tutte digitali: è così difficile organizzare un sistema informatiche che, stimato il tempo di esecuzione di un tampone, processi le ricette in ordine cronologico e invii una notifica agli utenti con un appuntamento a un dato orario? Abbiamo l’imbarazzo della scelta sui sistemi informativi e sulle tecniche di comunicazione: è così difficile predisporre una cartellonistica adeguata che informi le persone in arrivo sull’iter da seguire? Ed è così difficile montare un display numerato come quelli presenti ai banconi qualsiasi supermercato? L’Italia e il Paese del volontariato e abbiamo tante persone bisognose di un’occupazione anche per poche ore al giorno: è così difficile trovare risorse che accolgano i pazienti o che aiutino il personale dell’accettazione nell'elaborazione dei documenti così da ottimizzare i flussi di persone?

Il fatto che oggi la situazione non sia degenerata è dovuto solo al buonsenso delle persone, alla loro solidarietà per la situazione e al grande lavoro e sollecitudine delle addette all’accettazione che hanno fatto più del possibile. Faccio un appello ai responsabili delle Ulss e della Regione Veneto affinché questa situazione cambi in maniera drastica in tempi brevissimi perché se dovesse rimanere tale sarebbe segnale non solo di scarsa capacità organizzativa, ma anche di palese disinteresse e indifferenza, che qualcuno potrebbe definire vergognose, nei confronti della popolazione che, oggi ne è stata la dimostrazione, si sta comportando in maniera paziente e responsabile.

Giorgio Bertoluzza
San Donà di Piave

Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 12:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci