Zona gialla e arancione, Bassetti: «Basta decisioni del venerdì, gli scienziati devono capire le ragioni degli imprenditori»

Venerdì 19 Febbraio 2021 di Mauro Evangelisti
Zona gialla e arancione, Bassetti: «Basta decisioni del venerdì, gli scienziati capiscano gli imprenditori»

«Per quattro-cinque settimane dobbiamo giocare coperti, in difesa.

Sono le fasi decisive in questa partita contro la pandemia. Però sarebbe anche necessario comprendere le esigenze di imprenditori come titolari di bar e ristoranti, è sbagliato indicare i nuovi colori delle regioni proprio a ridosso dei fine settimana».

Il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, tra gli esperti non è certamente mai stato un difensivista, un cultore del catenaccio, in alcune fasi dell’epidemia magari ha anche peccato in ottimismo. Ora, però, nei giorni in cui si vede all’orizzonte l’avanzata delle varianti che coincide con la necessità di accelerare la campagna di vaccinazione, è tra coloro che chiedono prudenza.

Professore, chi lavora nella ristorazione osserva: “perché ogni volta si cambiano in peggio i colori delle Regioni nei fine settimana?” I ristoratori fanno i rifornimenti proprio in vista del week-end, se la decisione arriva al venerdì la merce va perduta. Non si potrebbe quanto meno pensare a una tempistica differente?
«Sì, anticipare di qualche giorno tutto il meccanismo per non farlo coincidere con il fine settimana potrebbe essere una scelta oculata. Il report, che normalmente si fa al venerdì, potrebbe essere previsto per il martedì o il mercoledì. In un momento così difficile per alcuni operatori economici, potrebbe essere una cosa intelligente. Speriamo che le cose intelligenti vengano recepite, non sempre se ne sono viste. La gestione della pandemia deve essere più condivisa. Non possiamo pensare che noi del mondo sanitario viviamo separati dal resto del mondo. Quando facciamo certe affermazioni come medici, scienziati e opinion leader dobbiamo essere attenti, un messaggio sbagliato fa grandi danni».

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Cosa vuole dire?
«Dobbiamo evitare ciò che si sta creando: una contrapposizione tra il mondo sanitario rigorista e quello delle imprese che sarebbe completamente disinteressato all’andamento dell’epidemia. Non è così: gli imprenditori sono consci di ciò che sta succedendo. Ma spostare a inizio settimana la decisione sui colori delle Regioni, e dunque su eventuali chiusure, è anche un modo per mostrare una maggiore vicinanza tra mondo sanitario e mondo dell’impresa».

Altro nodo: le decisioni sono prese, a causa degli inevitabili tempi di elaborazione, su dati non recenti.
«Anche su questo bisognerebbe lavorare: bisognerebbe essere più rapidi, i dati su cui si esprime la cabina di regia risalgono a contagi di dieci giorni prima. Ma le cose mutano velocemente. In alcuni casi l’intervento rischia di essere tardivo, in altro può rivelarsi punitivo verso regioni che magari hanno già superato la fase critica. Secondo me se c’è un’area specifica, anche localizzata, bisogna intervenire subito, tempestivamente».

Cosa pensa dell’attuale situazione epidemiologica?
«Io non sono né pessimista né ottimista. Penso che bisogna essere molto attenti nelle prossime cinque settimane. Ci diranno con chiarezza come si svilupperà l’andamento del contagio. Oggi bisogna essere estremamente cauti. Le faccio un esempio: comprendo il malessere degli operatori economici della mia Regione, la Liguria, ma mi aggrada molto il colore che abbiamo, l’arancione, perché risponde alla cautela che serve in questi giorni. Non voglio dire che avremo per forza una moltiplicazione dei casi né, come dice il professor Galli, che il mio reparto rischia un’esplosione dei ricoveri, perché non è così. Gli ospedali, piano piano, stanno in realtà vedendo una lieve diminuzione dei ricoveri. Però, certo, dobbiamo fare attenzione».

Dobbiamo giocare in difesa.
«Non bisogna scoprirci e giocare con le tre punte. Meglio cinque centrocampisti, quattro difensori e un attaccante che gioca di rimessa. E dobbiamo partire davvero a raffica con le vaccinazioni. Dobbiamo renderci pronti a fare almeno 300-350mila vaccinazioni da fine marzo. Oggi ne facciamo 40 mila. Ad aprile, se arriveremo a quelle cifre, potremo iniziare a parlare di ripartenza. L’importante è passare indenni febbraio e marzo, dopo potremo cominciare a girare pagina. Difendiamoci ora e vacciniamo velocemente come stanno facendo gli americani».

Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 00:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA