Denunciare e, soprattutto, chiedere aiuto, rivolgersi a un centro antiviolenza che offra un percorso di sostegno sia legale, che psicologico.
Perché il problema più grande, nei casi di maltrattamenti in famiglia e violenze, è che spesso «la vittima teme di non essere creduta, teme di essere sola, e può arrivare quasi a giustificare gli abusi, convinta che il tempo possa migliorare la situazione. Il momento più delicato è quello dell'emersione del reato», spiega l'avvocato Laura Bacchini, esperta in violenza di genere.
Avvocato, qual è la prima cosa da fare se si è vittime di maltrattamenti in famiglia, stalking, o violenze?
«Chiedere un supporto, rivolgersi ai centri antiviolenza, chiamare il 1522, il numero verde di pubblica utilità per il sostegno alle vittime di violenza e stalking.
Quanto è importante sporgere denuncia?
«Per portare il caso all'attenzione della Procura e venire tutelati, anche attraverso misure cautelari, la denuncia è un passo fondamentale. É l'unica via da seguire. La cosa peggiore è che una situazione violenta si normalizzi e si trasformi in "normale"».
E se non posso permettermi di pagare un avvocato?
«Per le vittime c'è la possibilità di un sostegno concreto da parte dello Stato. Da qualche anno è infatti prevista la possibilità di un aiuto economico, con il gratuito patrocinio, al di là dei limiti di reddito, per le vittime di reati come maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking».
Come funziona l'allontanamento dalla casa familiare? Uno dei timori più grandi per chi denuncia maltrattamenti e violenze è di dover poi tornare a casa.
«I centri antiviolenza supportano anche in questo passaggio, quando serve un allontanamento immediato della vittima. Esistono, proprio per tale tipo di tutela, le cd. case rifugio: strutture dedicate, con indirizzi segreti, che offrono alloggio e beni di prima necessità. Proprio per questo motivo è importante farsi seguire da professionisti competenti: spesso è grazie a questo supporto e ad un’acquisita consapevolezza che arriva la spinta per affrontare l'allontanamento».
Cosa fare se non ci sono testimoni delle violenze?
«Questa è una cosa che capita molto di frequente. Spesso i maltrattamenti avvengono tra le mura domestiche, mentre all'esterno l'uomo violento tende ad avere un atteggiamento apparentemente normale. La vittima, però, non deve avere timore di non venire creduta. La parola della donna, il solo fatto di prendere coraggio e denunciare, l'esporsi, sono dati che vengono vagliati e che hanno un valore. Tanto che anche con la sola denuncia può venire disposto l'allontanamento».
E se ci sono bambini?
«É ancora più importante denunciare le violenze, eliminare una situazione di pericolo. Anche quando si teme che non ci siano riscontri, grazie alle indagini emergono sempre dati utili a supportare i racconti delle vittime. Per esempio, nei casi di violenza su minori, gli inquirenti possono decidere di ascoltare le maestre di scuola dei bambini, oppure gli allenatori, gli educatori».
La risposta nelle indagini è tempestiva?
«Sul piano normativo è stato fatto molto, anche con la legge Codice rosso, che ha introdotto nuove fattispecie di reato. Si è lavorato anche sulla sensibilizzazione e sulla specializzazione delle forze di polizia che raccolgono le denunce e le querele. Una risposta tempestiva è fondamentale, ma da questo punto di vista potrebbe essere fatto di più. Servirebbe un incremento del numero dei magistrati specializzati, come previsto dal nuovo disegno di legge sulla violenza di genere. Attualmente, a causa della carenza di personale, i procedimenti che riguardano situazioni meno gravi rischiano di rimanere incagliati».
Sono previsti anche percorsi di supporto psicologico?
«Si tratta di un passaggio essenziale, che viene sempre curato dai centri antiviolenza. I danni psicologici subiti dalle vittime sono molto spesso ingenti e possono durare per molto tempo. Per questo è necessario farsi seguire. La stessa cosa dovrebbero fare anche gli autori delle violenze, per riuscire a prendere consapevolezza dei propri comportamenti ed essere coadiuvati nel gestire la rabbia e avere un sostegno per affrontare le relazioni e la genitorialità».
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