«Ho due figli grandi, una ragazza di 18 anni e un ragazzo di 14. Quando ho preso in braccio la neonata, reggendole la testa per portarla al sicuro, inevitabilmente ho ripensato a quando facevo quel gesto con mia figlia piccina, è stato come tornare indietro nel tempo».
Gabriele Ghisti vive a Pistoia, ha 57 anni, ed è un caposquadra dei vigili del fuoco nella provincia toscana.
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Gabriele, come è andata?
«Prima però mi faccia precisare una cosa: in questi tipi di interventi, e come vigili del fuoco ne facciamo tanti, non c’è mai il merito di una sola persona. È un lavoro di squadra, il frutto dell’impegno di tutti. A me è capitato di tenere in braccio la piccola. Poi, non lo nego, è stata una emozione forte quando l’ho presa, perché davvero mi ha ricordato mia figlia da piccola. Ma non mi piace molto apparire, non sono il tipo che si gongola per le cose che fa. Dopo gli allagamenti di giovedì sera abbiamo lavorato senza sosta, siamo andati a recuperare anche disabili, anziani, persone non autosufficienti. Quando capitano queste sciagure inizialmente le persone non vogliono lasciare le case, anche se tutto attorno c’è l’acqua, e lo comprendo, è umano. Poi, però, capiscono che senza elettricità e acqua potabile non si può restare».
Cosa ricorda di quelle ore che hanno sconvolto parte della Toscana, pezzi della provincia di Prato, Pistoia e Firenze soprattutto?
«Giovedì sera ci hanno richiamati tutti in servizio, abbiamo formato una squadra di fluviali, soccorritori acquatici, di Pistoia e siamo andati di supporto alle persone isolate perché il torrente Stella aveva rotto gli argini, a Quarrata. C’erano molte abitazione circondate dall’acqua, che era entrata anche dentro gli edifici. Così dal mattino siamo andati casa per casa a portare via chi aveva più bisogno, disabili, infermi, tutti con il gommone. Li consegnavamo ai mezzi anfibi. Siamo poi arrivati da questa famiglia, padre, madre e neonata. Li stavano aspettando i nonni che li avrebbero ospitati».
Che ora era?
«Attorno alle 9. Abbiamo portato via prima la mamma, poi la bimba, infine il babbo. La piccola l’ho tenuta in braccio, non serviva il gommone, perché per fortuna non c’erano correnti, non c’era pericolo imminente. Poi l’ho riconsegnata al mezzo anfibio dove già c’era la mamma. Guardi, una cosa che mi ha fatto molto piacere è stato l’orgoglio dei miei figlioli per quello che uno fa. Quello ti ripaga davvero dalla fatica, anche se hai lavorato immerso nell’acqua per ventiquattro ore senza fermarti».
Non è la prima emergenza su cui interviene.
«Tante, anche più grosse. Sono stato sulla sciagura nella Costa Concordia, in particolare sul salvataggio della coppia di sud coreani. E poi in varie alluvioni sempre in Toscana ma anche nel Modenese. E quest’anno in provincia di Ravenna, in particolare a Lugo di Romagna, e lì è stata perfino più dura. Noi della Toscana siamo stai i primi ad arrivare nella zona di Lugo».