Quaranta anni fa la strage di Ustica: 81 morti, i misteri

Sabato 27 Giugno 2020 di Carlo Nordio
Ustica, 40 anni fa precipitò l'aereo: tutti i misteri della strage del cielo

Alle ore 20,08 del 27 Giugno 1980 il DC9 dell'Itavia IH870 decollò dall'aeroporto di Bologna diretto a Palermo, con a bordo 77 passeggeri e 4 membri dell'equipaggio. Il tempo e la visibilità erano perfetti. Il volo proseguì normalmente, e fu tracciato dai vari radar competenti. Improvvisamente, alle 20,59, mentre si trovava sul cielo di Ustica, l'aereo sparì dagli schermi. Le ricerche iniziarono subito, senza troppe speranze di trovare superstiti. Il giorno dopo affiorarono alcuni corpi, bagagli e piccoli pezzi del relitto. Si capì subito che il DC9 si era inabissato.





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La prima ipotesi fu di un cedimento strutturale: la compagnia, si disse, non brillava per diligenza nella manutenzione. In realtà non ci credette nessuno. Quel velivolo non era affatto vecchio, e non poteva sfasciarsi così, senza ragione. Quindi si pensò ad altro: e come era accaduto per altre catastrofi, la dietrologia cominciò a fiorire.
Quelli erano anni difficili. In Italia imperversava il terrorismo. Il Mediterraneo era un viavai di fedayn finanziati e protetti da Gheddafi, da Arafat e dai sovietici, spesso peraltro in conflitto tra loro. L'Urss aveva piazzato i suoi missili nucleari SS20 a poca distanza da noi, e gli Usa stavano rispondendo collocando i Pershing e i Cruise. I pacifisti protestavano, naturalmente sempre e solo contro gli americani.



(disegno di Emilio Laguardia)


Il Papa polacco stava minando il monolite d'oltrecortina, e il patto di Varsavia preparava l'ennesima repressione. Il nostro Paese, già martoriato dagli attentati dei rossi e dei neri avrebbe subìto, di lì a poco, la strage della stazione di Bologna. Ce n'era dunque abbastanza per attribuire il disastro del Dc9 a un atto di guerra di qualcuno. Ma chi?

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IL RIFLESSO
Qui scattò il riflesso del putant quod cupiunt, sposare cioè la tesi che più si adatta ai propri pregiudizi e alle proprie convenienze. E così le ipotesi si scatenarono. Accantonato il cedimento strutturale, si pensò a una bomba: un tesi tecnicamente più verosimile vista la subitaneità dell'evento e l'improvvisa interruzione di ogni comunicazione. E naturalmente si disse che la bomba era fascista. Dopo la strage di piazza Fontana del 1969 ogni bomba era ontologicamente fascista, come i servizi segreti erano deviati, e le loro malefatte destinate a sfociare in clamorosi sviluppi malgrado il massimo riserbo: i nostri giornalisti non brillavano di fantasia lessicale. Ma evidentemente i terroristi neri, alcuni dei quali già individuati, processati e condannati, non bastavano. Bisognava cercare più in alto: la Cia, il Sismi, e naturalmente il Mossad. Allora emerse l'ipotesi del missile. Ma un missile non si spara così, come una fiondata: occorreva individuarne il tipo, il costruttore, il possessore e naturalmente il tiratore scelto. Qui le supposizioni si incrociarono: era un missile americano, lanciato dal un aereo della portaerei Saratoga, oppure francese, della portaerei Foch, (o Clemenceau); no, era di un nostro F104; anzi, un razzo libico, spedito per contrastare un attacco a Gheddafi che si trovava da quelle parti. In effetti, in luglio un Mig libico era precipitato sulla Sila: se le date non coincidevano, bastava retrodatarne la caduta. Queste ipotesi generarono delle sottospecie: un aereo si era affiancato al Dc9, sfruttandone la scia e sfuggendo ai radar; gli israeliani avevano bombardato un traffico di uranio; per alcuni, il Dc9 si era trovato addirittura nel mezzo di una gigantesca battaglia aerea. In totale 29 versioni, una diversa dall'altra: per parafrasare Gibbon, tutte vere per il popolino, tutte opinabili per il tecnico e tutte utili per i complottisti.

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IL RIGORE
Un recente libro di Franco Bonazzi e Francesco Farinelli demolisce le varie tesi complottiste fiorite nel clima tribunizio e inquisitorio dell'epoca. Bonazzi è stato collaudatore di F104 per l'Aeronautica Militare e consulente della Difesa durante i processi. Ma questo nulla toglie al rigore tecnico e all'imparzialità professionale con cui esamina ogni aspetto della tragedia. Ne esce un panorama scoraggiante sui tempi, l'efficienza e le contraddizioni della nostra sgangherata giustizia. Ma ancora più scoraggiante è assistere all'ostinazione di chi, per difendere teorie preconcette, si è affidato e si affida ancora alle fonti più diverse. Purtroppo, come accade in questi casi, la credulità ha generato dei mostri, e ha mietuto altre vittime.
I processi penali hanno infatti coinvolto essenzialmente l'Aeronautica Militare, i cui vertici sono stati accusati di aver travisato, falsificato e soppresso prove per avallare la teoria della bomba a scapito di quella del missile. Nessuno ha mai spiegato il movente di un così callido depistaggio, che comunque, se fosse stato preordinato a salvaguardare l'immagine del nostro Stato, avrebbe dovuto avere un ispiratore politico, che non è mai stato indicato. In realtà l'intera costruzione era paradossale: decine di generali, colonnelli e sottufficiali sarebbero stati indotti al silenzio per proteggere non si capisce chi: gli americani, i francesi, i libici o gli israeliani.

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LE ANOMALIE
Tuttavia le indagini iniziarono, anche perché alcuni tracciati radar presentavano delle anomalie, e proseguirono per vari anni attraverso consulenze, perizie, testimonianze, rogatorie e affidavit. I presidenti Clinton e Chirac furono sollecitati a collaborare: loro risposero che avevano fornito tutto il materiale possibile, e avrebbero continuato a farlo. Ma poiché da quel materiale non emergeva nulla, si cominciò a sospettare anche di loro: una congiura del silenzio che avrebbe dovuto coinvolgere alcune centinaia di politici e di militari. In una democrazia in cui nessun segreto resta tale più di qualche giorno, dovremmo supporre che in quella occasione tutta la stampa americana sia stata comprata o asservita.
IL COSTO
Alla fine, dopo un milione e 750 mila pagine di istruttoria, 4000 testimoni e 277 udienze, con un costo di vari miliardi, tutti gli imputati sono stati assolti perché il fatto non sussiste. Quanto alle cause della catastrofe, i Giudici penali non si pronunciano con certezza. Ma la perizia in atti, firmata da undici luminari italiani, tedeschi, inglesi e svedesi aveva concluso rigettando le ipotesi di abbattimento mediante missile, di collisione e di danno strutturale, considerando invece quella della bomba come tecnicamente sostenibile.
Di recente, Giuliana Cavazza De Faveri, che perse la madre nell'esplosione, ha chiesto al presidente Conte l' accesso ad alcuni documenti, già classificati come segretissimi che coinvolgerebbero dei terroristi palestinesi. Speriamo che venga esaudita, anche se immaginiamo le resistenze, perché i pregiudizi sul Complotto di Stato son duri a morire. E anche perché, come ha scritto Carlo Ginzburg, «i complotti esistono, ma i falsi complotti nascondono spesso complotti di segno opposto».
 

 

 

Ultimo aggiornamento: 15:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA