È la truffa del bonus cultura. In cambio di denaro avrebbero monetizzato quasi seimila «bonus cultura 18 app», beneficio che il governo ha pensato per promuovere nei neo 18enni la diffusione dei libri, dello studio e dell'accesso ai servizi di natura culturale. Una truffa che, secondo la Guardia di Finanza e la Procura di Napoli, avrebbe trasformato in contanti benefici per 2.850.000 di euro tra il 2017 e il 2020.
Truffa del bonus cultura, come funziona e le indagini
Il gip di Napoli Giovanni de Angelis ha emesso 9 misure cautelari, su richiesta della sezione Reati economici dell'ufficio inquirente: ipotizzata l'associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e, per quattro, anche l'autoriciclaggio. Si tratta di tre arresti in carcere, due ai domiciliari e quattro obblighi di dimora che vedono tra i destinatari anche i gestori di una libreria di Ercolano, in provincia di Napoli, utilizzata per trasformare i bonus in denaro.
Intermediari e procacciatori
Sono 12 gli indagati tra cui figurano, intermediari e procacciatori: questi avevano il compito di individuare i soggetti attraverso la consultazione delle banche dati messe a disposizione da Caf e altre strutture simili compiacenti. Poi li contattavano per la proposta. Il meccanismo truffaldino era semplice: simulare la vendita dei libri e l'effettuazione di altre prestazioni culturali inserendo nel sistema informatico del Mibact gli estremi e i codici dei buoni cultura con in allegato la falsa dichiarazione della vendita di libri e di altri servizi culturali contemplati nel beneficio ma mai fruiti. Per il servizio offerto veniva trattenuta una percentuale (stimata tra 40 e 60%) corrisposta attraverso versamenti su carte di credito prepagate.
I falsi rimborsi
Infine venivano richiesti i rimborsi dei benefici al Mibact. Nonostante i finanzieri avessero eseguito dei controlli, gli indagati avrebbero continuato a frodare l'erario. Quando il Mibact ha sospeso con cinque provvedimenti amministrativi e infine revocato l'accreditamento delle erogazioni, gli indagati avrebbero pensato di perpetuare la truffa costituendo «un nuovo canale», convertendo cioé una società costituita per la gestione di beni e affittacamere in una società per il commercio al dettaglio dei libri, risultata avere la sede proprio laddove c'era la libreria.
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