«Sui social sorride, non può essere stata stuprata»: la tesi choc respinta dalla Corte d'Appello

Lunedì 5 Agosto 2019
«Sui social sorride, non può essere stata stuprata»: la tesi choc respinta dalla Corte d'Appello

La vittima di uno stupro pubblica alcune foto sui social che la ritraggono sorridente a giorni di distanza dalla violenza sessuale e la difesa dei tre imputati chiede che le immagini vengano acquisite agli atti perché dimostrerebbero l'assenza di un trauma. L'istanza, però, è stata seccamente respinta dalla prima Corte d'Appello di Milano. La ragazza fu violentata dopo essere stata stordita con la cosiddetta droga dello stupro.

È «del tutto superflua» e quindi va respinta, la richiesta della difesa di acquisire, agli atti del processo, alcune fotografie pubblicate sui social network dalla vittima di uno stupro, avvenuto nell'aprile 2017. Fotografie in cui la giovane 23enne era «ritratta con espressione sorridente» che, a dire della difesa degli imputati, sarebbe «incompatibile con il trauma asseritamente subito», scrive la Corte nelle motivazioni con cui, lo scorso maggio, oltre a respingere la richiesta delle difese di fare entrare nel fascicolo del dibattimento le immagini pubblicate dalla vittima sui 'social', ha lievemente ridotto la pena a 11 anni e mezzo di carcere per Marco Coazzotti e Mario Caputo e a 8 anni di carcere per Guido Guarnieri. I tre sono imputati per violenza sessuale aggravata ai danni della ragazza che fu prima stordita con le benzodiazepine, la cosiddetta 'droga dello stupro' e poi violentata.

I giudici, nel respingere la richiesta delle difese, hanno osservato: «Mentre è certa - si legge - la data di pubblicazione delle fotografie, non lo è altrettanto la data in cui gli scatti sono stati effettuati; in ogni caso, quand'anche fosse dimostrato che la parte offesa nei giorni immediatamente successivi ai fatti per cui si procede era in grado di sorridere, non mostrava segni di violenza ed era nella disposizione d'animo di farsi fare e pubblicare fotografie 'glamour', ciò comunque non si porrebbe in contraddizione con la dinamica dei fatti ricostruita nella sentenza impugnata».

La Corte scrive ancora che «è poi noto che nei casi quali quello che ci occupa i danni psicologici post traumatici emergono col tempo, via via che la vittima elabora l'accaduto, e non necessariamente sono più acuti nell'immediatezza». I giudici hanno ritenuto di non concedere le attenuanti generiche ai tre imputati in quanto in loro non vi sarebbe «cenno alcuno di resipiscenza» e che in sede processuale avrebbero tentato «di negare l'evidenza».

Nelle motivazioni si legge che gli abusi sono avvenuti mentre la giovane «si trovava in stato di semi incoscienza e non ha opposto resistenza: il fatto che non si scorgano segni di violenza è dunque irrilevante; inoltre la ragazza riferisce di uno stato di malessere ingravescente che nel primissimo periodo ben poteva essere stato da lei celato e dissimulato: non per questo si deve ritenere che esso non sussistesse o non fosse grave».

Guido Camera, difensore degli imputati insieme ai colleghi Eliana Zecca e Debora Piazza ha annunciato ricorso in Cassazione contro il verdetto. «La Corte d'Appello - ha commentato l'avvocato Camera - non ha replicato adeguatamente alle argomentazioni difensive, che - dati scientifici alla mano - dimostravano l'assenza della violenza.

Sono convinto che la Cassazione riformerà questa decisione, ristabilendo la verità».
 

Ultimo aggiornamento: 18:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA