Stefano Ansaldi, ginecologo sgozzato a Milano, una telefonata riapre il giallo: «Quella sera voleva uscire»

Sabato 18 Dicembre 2021 di Leandro Del Gaudio
Stefano Ansaldi, ginecologo sgozzato a Milano, una telefonata riapre il giallo: «Quella sera voleva uscire»

Strana domanda da fare poche ore prima di togliersi la vita: «Che mangiamo stasera? E che ne dici se compriamo due pizze?». Domande assolutamente ordinarie, specie se rivolte alla moglie nel corso di una giornata lavorativa, che poco si conciliano con la decisione di un uomo - un professionista nel pieno della sua carriera - di chiudere i conti con la propria esistenza. Un retroscena inedito, che basta da solo a confermare tutti i dubbi sulla morte del ginecologo Stefano Ansaldi, professionista scomparso un anno fa a Milano (era il 19 dicembre scorso), in circostanze ancora molto misteriose.

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Ricordate? Venne trovato in via Vacchi, nei pressi della stazione centrale di Milano, con la gola squarciata. Inchiesta condotta dalla Procura di Milano, indagine per omicidio, che non ha dato esiti, tanto che non si è esclusa l’ipotesi del suicidio del professionista. Una pista quest’ultima messa seriamente in discussione, alla luce di quanto emerso dal lavoro dei consulenti di parte, frutto del lavoro dei penalisti Luigi Sena e Francesco Cangiano, ma anche da altre attività di indagine.

E non è un caso che agli atti di questa vicenda, spiccano in particolare alcune testimonianze, tra cui quella della moglie di Ansaldi, a proposito dell’ultima telefonata fatta il dicembre del 2020, nei pressi della stazione di Milano, poche ore prima che qualcuno o qualcosa gli squarciasse irrimediabilmente la gola. 


Una telefonata di pochi minuti. Ansaldi chiama la moglie dal suo telefonino cellulare. E la informa che la sera sarebbe rientrato a Napoli. E le fa una domanda classica di ogni marito, a conclusione di una giornata di lavoro: cosa si mangia stasera? Poche battute più avanti: che dici se ordiniamo due pizze? Domande che nulla hanno a che vedere con l’atteggiamento di chi sta meditando di togliersi la vita, mentre c’è un altro punto sul quale conviene riflettere alla luce di un’inchiesta - quella milanese - ancora formalmente aperta. E riguarda la storia del Rolex. Parliamo dell’orologio pregiato che venne trovato accanto al cadavere di Ansaldi, con tanto di cinturino chiuso. C’è un particolare inedito, alla luce delle indagini condotte dal comando provinciale dei carabinieri del capoluogo lombardo: nel cinturino del Rolex, è stato rinvenuto un piccolo pezzo dei guanti di lattice indossati dal professionista. Due considerazioni: la prima, quasi elementare, legata all’uso dei guanti di lattice come dispositivo di protezione individuale contro il covid (eravamo nel pieno della seconda ondata), che stride con la volontà di togliersi la vita; la seconda considerazione riguarda invece il fatto che il Rolex sia stato estratto dal polso, chiuso e lasciato a terra. Cosa c’è dietro questo gesto? E cosa c’entra con il pezzetto di lattice trovato incastrato nel cinturino? Anche qui siamo nel campo delle ipotesi, della verosimiglianza: possibile infatti che Ansaldi abbia percepito il pericolo di subire una rapina, mentre percorreva via Macchi, in una fredda e piovosa giornata di inverno. Possibile che sia rimasto impressionato dalla sagoma di un uomo o da una semplice suggestione, che lo ha spinto comunque a togliersi il Rolex, nel timore di un’aggressione. Un gesto affrettato, magari alimentato da tensione nervosa, durante il quale un pezzetto di guanto è rimasto nel cinturino.

 



Un gesto finale, giunto alla fine di una giornata trascorsa in un via vai sotto la pioggia del capoluogo lombardo. Ripassiamo la sequenza: arriva a Milano per incontrare un uomo d’affari, che però non si presenta all’appuntamento. E poi? Viene immortalato dalle telecamere, mentre strappa dei bigliettini di carta, probabilmente quando ha compreso che il suo interlocutore non si presenterà all’appuntamento. E ancora: la telefonata alla moglie, la storia della pizza, ancora il girovagare. Non è finita: Ansaldi butta via il telefonino cellulare (o gli viene sottratto, non è chiaro, ndr), fino a entrare in un sottopassaggio di via Vacchi. La morte. Un uomo lo vede rantolante a terra, ma assicura di non aver visto alcuna sagoma accanto al professionista. Un suicidio? Tutt’altro, secondo quanto emerso dalla consulenza di parte del medico Fernando Panarese. Secondo il consulente, la ferita riscontrata sarebbe stata provocata da un destrimane: lo squarcio alla gola è partito dal pomo di Adamo (entrata) all’angolo della mandibola destra (in uscita). Non lesioni di punta (come nell’ipotesi di un chirurgo che si vuole togliere la vita), ma un taglio con più sfregi difficile da giustificare nell’ipotesi del suicidio (sarebbe stato necessario fare una torsione anomala da parte del medico). Per il consulente di parte, non ci sarebbero dubbi: prima una rapidissima colluttazione, poi l’aggressione alle spalle con il taglio di un coltellaccio. Non una rapina (nonostante la suggestione iniziale), ma qualcosa che ha a che vedere con la rete di contatti di Ansaldi. Intanto, a Napoli c’è un’inchiesta che punta a verificare l’ipotesi di un pressing della camorra sul professionista per indurlo a riciclare soldi sporchi. Due facce di un giallo per ora irrisolto. 

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