«C’è un sistema Ferragni», il pg della Cassazione: «Video e post fuorvianti per condizionare i consumatori»

L’accusa di truffa per Fabio Damato, braccio destro e amico dell’influencer

Martedì 30 Gennaio 2024 di Claudia Guasco
«C’è un sistema Ferragni», il pg della Cassazione: «Video e post fuorvianti per condizionare i consumatori»

C’è uno schema Ferragni, sostiene l’accusa.

Una condotta «ripetuta nel tempo» da parte dell’influencer che «accosta a operazioni di tipo commerciale intenti benefici» pubblicando post e video «apparentemente fuorvianti», comunque «idonei a condizionare il consumatore nelle proprie scelte d’acquisto». È accaduto, stando agli atti dell’inchiesta, nel 2019 con la bambola Trudi contro il bullismo, a febbraio 2021 e 2022 con le uova di Pasqua, a novembre 2022 con il Pandoro rosa della Balocco.

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MESSAGGIO MANIPOLATORIO

Il decreto con cui la Procura generale della Cassazione affida per competenza a Milano l’inchiesta sui dolci natalizi, con la strombazzata promessa che il ricavato delle vendite sarebbe andato all’ospedale torinese Regina Margherita, mette in fila i ricavi (in denaro e prestigio) incassati dall’imprenditrice digitale, evidenzia i meccanismi della presunta finta beneficenza e conclude che l’unica a guadagnarci sarebbe stata lei. Un profitto «ingiusto», ottenuto «con l’inganno» nei confronti dei consumatori che avrebbero subito un «duplice» danno: hanno comprato un prodotto sull’onda emotiva di «un messaggio pubblicitario manipolatorio» e hanno pagato il pandoro a un «prezzo maggiorato». Sborsando 9,37 euro per l’edizione limitata con zucchero a velo rosa contro i 3,68 della versione tradizionale Balocco, convinti di contribuire alla «finalità benefica la cui serietà era garantita anche dalla credibilità di una influencer da circa 30 milioni di follower». Chiara Ferragni è indagata per truffa aggravata, stesso reato ipotizzato per i casi delle uova e del pandoro anche nei confronti di Fabio Damato, manager, amico e stretto collaboratore. «Il mio braccio destro, sinistro, tutto. Mi aiuta in qualsiasi attività lavorativa», lo lodava lei. Per i magistrati i due si sarebbero spinti un po’ oltre: «Sussistono indici esteriori, di tenore non equivoco, idonei a dar conto di una unitaria programmazione, nell’ambito di un medesimo disegno criminoso, dei diversi fatti di reato», in considerazione «dell’unitarietà della spinta a delinquere, dell’analogia del modus operandi e de lasso temporale che separa i diversi episodi», scrive il sostituto pg Mariella De Masellis nel provvedimento. Con le operazioni oggetto d’indagine, Chiara Ferragni avrebbe guadagnato due volte: la prima firmando i contratti di sponsorizzazione con le aziende, la seconda accrescendo la sua reputazione. Il profitto dell’influencer, come sottolineato dall’aggiunto di Milano Eugenio Fusco che ha aperto il fascicolo, «è consistito anche nel rafforzamento mediatico della sua immagine», dal crescente consenso ottenuto «veicolando una rappresentazione di sé strettamente associata all’impegno personale nella charity e in tal senso è stata orientata anche la campagna Balocco». La «enfatizzazione della finalità benefica» del pandoro, «amplificata dai mezzi di comunicazione» utilizzati a cominciare dai social, ha indotto «in errore i consumatori». E il sostituto pg ricorda che la Cassazione «ha di recente affermato che la sola menzogna è di per sé sufficiente a integrare gli elementi costitutivi del delitto di truffa», essendo un forma tipica di «raggiro».

I COMPENSI

Il mondo di social ha un tariffario e Chiara Ferragni - prima dell’«errore di comunicazione», come lo ha definito - valeva oro: fino a 75 mila euro per un post su Instagram e 30 mila per una storia. Il dichiarato impegno benefico, rileva Fusco, ha potenziato la sua immagine determinando di riflesso «l’aumento dei compensi percepiti, come dimostrato dalla campagna pubblicitaria per le uova di Dolci preziosi, con un compenso erogato di 500 mila euro per la Pasqua 2021 e di 700 mila l’anno successivo». Per il pandoro il tariffario Ferragni prevedeva «un corrispettivo in misura fissa» di 400 mila euro alla Fenice, società guidata e partecipata dall’influencer che si impegnava a promuovere il dolce con tre post e altrettante storie su Instagram, più 675 mila euro a Tbs Crew per un post e nove storie. E in tutti «si lasciava intendere» che l’imprenditrice fosse «parte attiva» nella donazione all’ospedale, con un «accresciuto consenso» che «comporta incrementi nei cachet accordati dai partner commerciali». Le mail tra i «team» dell’azienda dolciaria e di Chiara Ferragni dimostrano, scrive il pg, che le due parti avevano «già approvato» che l’elargizione da 50 mila euro sarebbe stata effettuata prima dell’inizio «della vendita del prodotto». Alessandra Balocco, ad del gruppo, è indagata per truffa, mentre la Procura di Cuneo ha aperto fascicoli esplorativi sui casi Oreo e Soleterre.

Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 08:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA