Silvia Romano libera, un incubo lungo 18 mesi: «Ma sono stata forte»

Domenica 10 Maggio 2020
Silvia Romano libera, un incubo lungo 18 mesi: «Ma sono stata forte»

Un sequestro lungo, fatto di molti silenzi che in certi momenti avevano fatto temere il peggio. Fino alla tanto attesa svolta: la cooperante milanese Silvia Romano è stata liberata in Somalia, dove si trovava dopo essere stata rapita in Kenya 18 mesi fa e subito venduta a un gruppo jihadista legato ad Al Shabaab. «Sono stata forte, ho resistito», le sue prime parole dopo la fine dell'incubo, protetta in un compound a Mogadiscio e pronta al rientro in Italia. A darne l'annuncio è stato il premier Giuseppe Conte con un tweet arrivato nel pomeriggio di ieri: «Silvia Romano è stata liberata! Ringrazio le donne e gli uomini dei nostri servizi d'intelligence esterna. Ti aspettiamo in Italia!», ha scritto il premier. «Un motivo di grande gioia per tutti gli italiani», ha sottolineato il presidente Sergio Mattarella. Lo «Stato non abbandona nessuno», ha ricordato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che oggi sarà a Ciampino con il premier per ricevere la giovane volontaria. E che l'ha già sentita al telefono, così come ha fatto anche Conte.

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LA COLLABORAZIONE
L'operazione dell'Aise, i servizi di sicurezza esterna, è scattata nella notte in collaborazione con i colleghi somali e turchi. Silvia è stata liberata a 30 chilometri da Mogadiscio, in una zona in condizioni estreme perché colpita negli ultimi giorni dalle alluvioni. A blitz compiuto, è stata condotta in un compound delle forze internazionali nella capitale somala e poi alla nostra ambasciata. Da lì un aereo dell'Aise l'ha portata in Italia, con atterraggio a Ciampino previsto per oggi intorno alle 14. «È in forma, provata ovviamente dallo stato di prigionia ma sta bene», ha reso noto il presidente del Copasir Raffaele Volpi, ringraziando «l'incessante lavoro» e «mai alla luce della ribalta» dell'Aise e del suo capo, il generale Luciano Carta, che chiude in bellezza il suo incarico, così come aveva cominciato con l'estradizione del terrorista Cesare Battisti. Un lavoro sottotraccia e complicato, quello dell'intelligence, visto l'ambiente in cui ha dovuto operare: una Somalia dove negli ultimi anni al Shabaab ha seminato morte e terrore, mettendo in scacco le fragili istituzioni.

Proprio dalla Somalia è arrivato l'input a rapire Silvia, secondo quanto ha ricostruito la procura di Roma, che ha coordinato le indagini in collaborazione con il Ros dei carabinieri, gli 007 e gli inquirenti kenyani. La 25enne cooperante lavorava per la onlus marchigiana Africa Milele che opera nella contea di Kilifi, dove seguiva un progetto di sostegno all'infanzia con i bambini di un orfanotrofio. Il 20 novembre del 2018 la sua normalità è stata stravolta in un villaggio di Chakama, a circa 80 chilometri da Nairobi, dove un commando di otto uomini armati di fucili e machete l'ha prelevata con la forza fuggendo in moto.

GLI ARRESTI
Un agguato in piena regola, alla ricerca della «donna bianca». La polizia locale ha ipotizzato un rapimento a opera di criminali comuni a scopo di estorsione, magari anche con la possibilità che la ragazza venisse venduta in Somalia. Tre dei responsabili del blitz sono stati arrestati e dalle indagini è emerso che Silvia era stata trasferita oltreconfine subito dopo il sequestro: un'operazione organizzata da un gruppo islamista legato ad al Shabaab che aveva fornito alla banda di criminali kenyoti denaro e mezzi. Appena rientrata in Italia, la volontaria sarà ascoltata dal pm Sergio Colaiocco che segue l'inchiesta.
La liberazione è stata accolta con sollievo dalle istituzioni, dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati al presidente della Camera Roberto Fico, al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, al sottosegretario Angelo Tofalo, passando per l'opposizione: il leader leghista Matteo Salvini, all'epoca del rapimento ministro dell'Interno, ha ringraziato i servizi. Entusiasmo alle stelle dai balconi dei vicini di casa di Silvia a Milano, dove abita la madre.
 
 
 
 

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