Siccità, latte formaggi e salumi: la stretta nei supermercati. Caldo, poca acqua e guerra: il mix che stravolgerà le tavole italiane

In crisi anche Parmigiano e Grana. Soia e frumento sostituiscono il riso

Lunedì 20 Marzo 2023 di Carlo Ottaviano
Siccità, latte formaggi e salumi: la stretta nei supermercati. Caldo, poca acqua e guerra: il mix che stravolgerà le tavole italiane

Prima è stata la globalizzazione a trasformare in cibo di tutti i giorni frutti un tempo considerati esotici come l’ananas.

Poi la voglia di avere tutto e sempre (come l’impensabile anguria in inverno) ha motivato fiorenti traffici tra il nord e il sud del mondo. Fin qui, piaccia o meno, nulla di nuovo: è stato il mercato a stabilire cosa, quando e dove produrre.

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Adesso, invece, è un mix imprevisto a rivoluzionare il mondo agricolo. In primo luogo, l’inverno caldissimo (in Italia il quinto più caldo dal 1800, +1,44 gradi di media superiori ai decenni precedenti) e la prolungata siccità (ancora peggiore dello scorso anno quando il calo di pioggia era stato del 30%). In più, la guerra in Ucraina ha quasi azzerato la capacità produttiva di quel Paese (tra i maggiori produttori al mondo di mais, grano, girasole) e limitato i trasporti e la logistica delle merci dall’est Europa. Dal Covid in poi sono cambiate alcune abitudini di consumo. 


LA SVOLTA BIANCA
Significativa la decisione di Granarolo, il gigante italiano del latte (1,2 miliardi di giro d’affari), che ha fermato le linee produttive del latte fresco (che scade in 6 giorni) per puntare a un tipo di pastorizzato buono fino a 10 giorni. Ugualmente hanno deciso di fare le Centrali del latte di Milano e di Calabria e altri. A motivare il cambiamento è l’obiettivo di ridurre gli sprechi, perché gran parte del latte fresco scade quando è ancora nei banchi frigo dei supermercati oppure a casa. I consumatori preferiscono acquistare latte con la scadenza più lontana nel tempo, come avviene nel resto d’Europa dove non vige la normativa italiana ferma al 2004 (quando ancora gli stabilimenti produttivi non erano tecnologicamente avanzati come oggi a tutela della qualità). «È il mercato – spiega Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo - che ha scelto. Le norme sul latte fresco sono inadeguate, noi abbiamo chiesto senza successo di cambiarle. Ma il mercato è più intelligente e si è adeguato da solo».

 


Questa è solo una parte del problema. Su tutto il settore pesa l’emergenza siccità. A causa dell’assenza di acqua le foraggere crescono meno e gli animali mangiano di meno producendo meno latte. Inoltre, in ampie aree sulla costa dell’Adriatico, nella zona del Po in particolare, l’acqua salata del mare si insinua nei fiumi che per mancanza di piogge hanno meno forza, penetrando nell’entroterra e bruciando così le coltivazioni. Sono circa 300 mila – calcola Coldiretti - le imprese agricole che si trovano nelle aree più colpite dall’emergenza con la situazione più drammatica proprio nella cosiddetta food valley emiliana dove nasce quasi un terzo del Made in Italy alimentare e dove si trova la metà degli allevamenti di bestiame. La mancanza di acqua non è più una emergenza improvvisa, ma una ripetuta realtà.  Per ora il latte ancora c’è, ma se dovesse mancare ne pagherebbe la conseguenza anche la produzione di formaggi come Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Così come la minore alimentazione dei suini danneggerebbe la produzione dei salumi a partire dai prosciutti che necessitano di cosce di animali di buone dimensioni. 


L’EMERGENZA
Intanto sull’orlo della crisi produttiva, salvo imprevisti miracoli, c’è già il riso che dall’autunno potrebbe mancherà nei negozi. La siccità ha spinto le aziende verso coltivazioni che necessitano di meno acqua, come soia e frumento. Senza però nascondere che dietro la scelta c’è l’incremento di valore di quegli alimenti a seguito della carenza dall’est Europa. Fatto sta che le semine del riso hanno toccato il minimo da 30 anni ad ora e si stima un taglio di 8 mila ettari di coltivazioni. Altro allarme per l’olio che nella campagna 2022/2023 perderebbe (dati provvisori) in Italia il 37% della produzione. Altrettanto male i nostri competitor – Spagna, Tunisia, Grecia – con flessioni previste tra il 50 e il 24%. Allarmi infine sulla produzione di miele, che lo scorso anno era già vistosamente calata (23 milioni di chili contro i 30 di pochi anni prima). Il caldo fuori stagione fa arrivare anzitempo altri prodotti. Nel Lazio sono stati raccolti in anticipo le fave, il carciofo romanesco, gli agretti, le zucchine; in Puglia i cavoli rosso e viola; nel Veneto gli asparagi sono maturati oltre dieci giorni prima del normale. In questi casi il risveglio primaverile della natura non è un bene ma un segnale dei danni causati dal cambiamento climatico che quest’anno – teme Coldiretti - potrebbero superare quelli del 2022 quando hanno raggiunto i 6 miliardi di euro. 
 

Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 15:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA