Scuola dimenticata, è anche colpa nostra: così l'abbiamo relegata all'ultimo posto

Venerdì 11 Settembre 2020 di Myrta Merlino
Scuola dimenticata, è anche colpa nostra: così l'abbiamo relegata all'ultimo posto

Sono colpevole. Siamo tutti colpevoli. Governanti, politici, amministratori, comunicatori. Colpevoli, sì. Di aver relegato, per anni, la scuola all'ultimo posto. L'ultimo posto della nostra agenda. Di averla data per scontata o, peggio, di averla scansata perché non attraente, noiosa, poco televisiva. La scuola, i suoi alunni spostati di qua e di là, i suoi docenti mal pagati, i suoi edifici cadenti.
Non ci siamo occupati, per tutto questo tempo, delle cattedre scoperte, delle graduatorie impazzite, della penosa carenza di insegnanti di sostegno. Problemi che non sono spuntati ora, a causa del Covid. Ci siamo dimenticati anche dei più deboli, dei disabili, degli autistici, di tutti coloro per i quali la scuola, già prima del virus, molto spesso era una montagna troppo alta da scalare.
E la scuola, adesso, ci presenta il conto. Sbattendoci in faccia, senza ritegno, le sue drammatiche carenze, accumulate in anni di tagli, perpetrati nella nostra indifferenza. E così, improvvisamente, ci ricordiamo che siamo tra gli ultimi in Europa per numero di laureati, che abbiamo investito sempre meno e male in istruzione, formazione ed edilizia scolastica.

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La scuola ci prende a schiaffi e l'unica cosa che possiamo fare, oggi, è darci una svegliata. Lo dico a me stessa, lo chiedo al Paese: svegliamoci e facciamo che questa dolorosa, complicata e straordinaria emergenza sia l'occasione storica di portare la scuola in cima alle nostre priorità, come fanno i Paesi civili.
Diciamo che dobbiamo rimettere la chiesa al centro del villaggio, eh? Lo suggerisco ai nostri politici, una volta per tutte: mai come in questa fase le vostre sterili polemiche risultano distanti dai problemi dei cittadini, dalla vita reale. E la vita reale, oggi, è chiedersi come andranno a scuola i nostri ragazzi da lunedì, come faranno le mamme con tre o quattro figli a conciliare lavoro e ingressi scaglionati, chi starà a casa con quelli ancora insopportabilmente costretti alla didattica a distanza, cosa succederà se le nostre classi saranno messe in quarantena.
La gente non capisce. Genitori, docenti, presidi, studenti che mi scrivono in questi giorni, che mi segnalano disservizi mostrandomi aule fatiscenti, sedie e banchi rovinati, strutture pericolanti. Non comprendono, ad esempio, cosa aspetti il nostro governo a prendere i soldi del Mes anche per usarli nelle scuole.
Servono per gli ospedali? Ma la sicurezza sanitaria passa anche dalla sicurezza con cui torneremo a scuola: e allora magari utilizziamoli per piazzare un termoscanner all'ingresso, o per dotare ogni istituto di un vero presidio medico. Non è solo una corsa a chi avrà più mascherine o i banchi con le rotelle. È una sfida culturale, è una battaglia di civiltà. Combattiamola per i nostri figli, per le generazioni future, per il Paese.
 

 

Ultimo aggiornamento: 11:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA