Sant'Anastasia, spari davanti al bar: colpita una bambina durante una festa. Feriti anche madre e padre. Fermati due giovani

Napoli, due persone sullo scooter aprono il fuoco. L’ipotesi della “stesa” dopo una lite

Giovedì 25 Maggio 2023 di ​Leandro Del Gaudio
Sant'Anastasia, spari davanti al bar: colpita una bambina durante una festa. Feriti anche madre e padre. Fermati due giovani

Hanno impiegato una manciata di minuti per reperire quelle armi. Una pistola, un mitragliatore, per vendicarsi di un presunto affronto subìto poco prima. Eccoli in sella alle moto, a Sant’Anastasia, alle porte di Napoli.

Non sono ancora le dieci di mercoledì notte, orrore puro: una raffica di colpi, una sventagliata di mitra, che investe quasi per intero una famigliola all’interno di una gelateria. Ferita alla testa la piccola Assunta, di soli 10 anni. Viene colpita da un proiettile che si conficca all’altezza dello zigomo mentre mangia il gelato. Viene portata in ospedale al Santobono, dove viene sottoposta a due interventi chirurgici. È fuori pericolo, ce la farà, assicurano i medici. Ma ce n’è anche per i genitori: la mamma e il papà vengono feriti di striscio e condotti in ospedale, in una corsa contro il tempo avvelenata dal panico per le condizioni della figlia. È andata meglio al più piccolo della famiglia: un bimbo di 6 anni, fratellino di Assunta, rimasto miracolosamente illeso. Momenti di terrore anche per gli altri clienti della gelateria, che due sere fa era zeppa di bambini con le famiglie, anche perché era in corso una festa di 12enni. Primavera di sangue alle porte di Napoli, scattano le contromosse in sede investigativa, grazie al lavoro dei carabinieri, sotto il coordinamento del pm anticamorra Antonella Serio e della procuratrice Rosa Volpe, ma anche della procuratrice per i minori Maria De Luzenberger. 

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I FERMI
Ieri sera è scattato il fermo del 19enne Emanuele Civita, precedenti per droga e armi, figlio del 43enne ritenuto affiliato al clan D’Avino, egemone a Somma Vesuviana. È in cella con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma. Stesse contestazioni nei confronti di un presunto complice, un ragazzino di 17 anni, che avrebbe partecipato al raid: il minore è orfano di padre, che fu ucciso nel 2012 da un killer del clan Cuccaro di Ponticelli. Anche il padre era ritenuto affiliato al clan D’Avino. Cresciuto nel lutto e nella logica di violenza, ieri non avrebbe avuto esitazione a sparare. Entrambi avrebbero usato una pistola e un mitra, dopo essere stati allontanati dalla zona della pasticceria, dove avevano arrecato disturbo a gestori e clienti del locale. Difeso dal penalista Antonio Sorbilli, il minorenne è stato tradotto ieri sera nel centro di prima accoglienza. Ha pianto e si avvalso della facoltà di non rispondere, stessa strategia del 19enne, difeso all’avvocato Fabio Marfella.
Ma torniamo alla “stesa” di mercoledì sera. In due fasi la scena clou: in sella alla moto, gli indagati avrebbero attirato l’attenzione mostrando le armi, per poi fare fuoco verso la piazza. Almeno una decina i colpi esplosi, una pioggia di proiettili e schegge di piombo che ha investito tre dei quattro componenti della stessa famiglia. Fino dalle primissime battute, è apparso evidente l’estraneità ai circuiti criminali del capofamiglia rimasto ferito di striscio. Si tratta di un vigilante residente a Volla. Colpita all’addome (in modo non grave) la moglie, mentre tutta l’attenzione si è concentrata sulla piccola Assunta. 

 

I TESTIMONI
Eroico l’atteggiamento mostrato da uno dei cittadini di Santa Anastasia. Ha visto il corpicino a terra, l’ha messo in auto ed è volato in ospedale.
C’è un’immagine centrale ricavata dal sistema di videosorveglianza, che inquadra il raid. Mentre alcuni testimoni, di fronte al corpicino di Assunta, hanno fornito violato la regola dell’omertà imposta nelle terre di mafia. E c’è chi ha fornito particolari che hanno consentito di dare una svolta alle indagini. Ed è così che in poche ore i carabinieri sono andati a casa del 19enne, non lo hanno trovato, ma hanno comunque acquisito parti dell’abbigliamento riconducibili alla sagoma immortalata nei video. Poi, la resa del secondo indagato. Due ragazzini cresciuti in famiglie di affiliati al cartello egemone a Somma Vesuviana. Probabile che le armi siano state consegnate loro da qualcuno interno al clan D’Avino.

Ultimo aggiornamento: 00:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA