​Rosario Livatino, il giudice «ragazzino» sarà beato ad Agrigento il 9 maggio

Venerdì 5 Febbraio 2021
Rosario Livatino, il giudice ragazzino sarà beato ad Agrigento il 9 maggio

Ha una data la beatificazione di Rosario Angelo Livatino, il giudice «ragazzino» ucciso nel 1990 a 37 anni dalla mafia della 'stidda': domenica 9 maggio 2021 nella Cattedrale di Agrigento. La notizia è stata ufficializzata stamane dall'arcivescovo della Città dei Templi, il cardinale Francesco Montenegro, e dal suo coadiutore, monsignor Alessandro Damiano, annunciando che «in preparazione all'evento saranno predisposte delle iniziative di carattere civile ed ecclesiale sulla figura del prossimo Beato». La scelta del prossimo 9 maggio non è casuale. Non un giorno qualsiasi, ma la ricorrenza, 28 anni dopo, dell'anatema contro la mafia lanciato da Giovanni Paolo II da Agrigento: «in nome di Cristo crocifisso e risorto» esortò il Papa «convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio» e «il popolo siciliano che ama e dà la vita non può vivere sotto la pressione di una civiltà della morte».

Poco prima Wojtyla, il Papa Santo, aveva incontrato i familiari del giudice Antonino Saetta, ucciso con il figlio Stefano nel 1988, e i genitori di Livatino.

Una «pressione», quella della mafia, alla quale aveva cercato di ribellarsi il giudice «ragazzino», semplicemente facendo il suo lavoro. Per questo fu trucidato da un commando della 'Stidda' sulla strada che conduce dal paese natio del magistrato, Canicattì, ad Agrigento il 21 settembre del 1990. E tre giorni fa, su disposizione della Dda di Palermo, è stato fermato il mandante del suo delitto: il boss Antonino Gallea, che per l'omicidio ha scontato 25 anni, e che era stato ammesso alla semilibertà dal tribunale di sorveglianza di Napoli il 21 gennaio del 2015.

Di Livatino, nato il 3 ottobre 1952, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio «in odium fidei» (in odio alla fede), come emerse dal contenuto di un decreto della Congregazione per le Cause dei santi, di cui papa Francesco autorizzò la promulgazione nel corso di un'udienza col cardinale prefetto Marcello Semeraro. La prova del martirio «in odium fidei» del giovane giudice siciliano è arrivata anche grazie alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dell'omicidio, che ha testimoniato durante la seconda fase del processo di beatificazione (aperta il 21 settembre 2011 e portata avanti come postulatore dall'arcivescovo di Catanzaro, monsignor Vincenzo Bertolone, agrigentino), e grazie alle quali è emerso che chi ordinò quel delitto conosceva quanto Livatino fosse retto, giusto e attaccato alla fede e che per questo motivo, non poteva essere un interlocutore della criminalità. Andava quindi ucciso.

Dopo la sua morte, nel 1993, Giovanni Paolo II, incontrando ad Agrigento i genitori del magistrato, aveva definito Livatino «un martire della giustizia e indirettamente della fede». Anche Papa Francesco, che ha molto sostenuto la causa di beatificazione, ha lodato la figura del giudice: incontrando nel novembre del 2019 i membri del «Centro Studi Rosario Livatino», lo ha definito «un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l'attualità delle sue riflessioni». La notizia della data della beatificazione del 'giudice ragazzinò ucciso dalla 'Stidda' è stata accolta con soddisfazione anche da atei e laici: Livatino era un magistrato amato dalla gente e il suo ricordo e il suo esempio sono ancora vivi. Soprattutto a Canicattì, dove il Comune vorrebbe rimanesse la salma del beato, traslandola dalla tomba di famiglia nella chiesa di San Domenico, che lui frequentava. L'arcidiocesi ha valutato la tumulazione definitiva della salma nella Cattedrale di Agrigento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA