«L'Europa è sotto ricatto dei Paesi frugali».
Il primo ministro italiano in particolare ha disseppellito l'ascia di guerra della politica fiscale comune, deciso ad affrontare «una volta per tutte» quei «surplus commerciali e dumping fiscali» (praticati ad esempio dall'Aja) per poter finalmente competere «ad armi pari».
Momento di preparazione della sessione plenaria qui a Bruxelles. Il negoziato prosegue. #EuCo pic.twitter.com/XehExAbzd9
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) July 18, 2020
Ad irrigidire ancora di più gli animi è emersa poi una nuova posizione della Svezia, che a nome anche degli altri Frugali (Olanda, Austria e Danimarca), e con il sostegno della Finlandia, ha chiesto di non superare un massimo di 150 miliardi di euro di sussidi per il Recovery Fund. Sullo sfondo è continuata poi anche la battaglia della condizionalità dei fondi sullo stato di diritto.
Fondi Ue, attacco frontale all'Italia. E Merkel cerca la mediazione
#Bruxelles Primo sole da dieci giorni. Coraggio, ambizione, unità. #NextGenerationEU
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) July 18, 2020
Nonostante le foto che ritraggono Michel impegnato in bilaterali con l'ungherese Viktor Orban ed il polacco Mateusz Morawiecki, in un'atmosfera cordiale e rilassata su una terrazza all'aperto nella prima giornata di sole dopo molte di pioggia, i leader dell'Est si sono dimostrati determinati a lottare fino a quando qualsiasi riferimento non sarà stato cancellato dalla bozza di accordo. Una situazione «complicata» insomma, «molto più complicata del previsto», che Conte non ha esitato a definire uno «stallo». Moderatamente più ottimista è apparso l'austriaco Sebastian Kurz: sebbene «non ci sia ancora alcuna svolta - ha detto - la discussione si è avviata nella giusta direzione».
A mediare, ancora una volta, la cancelliera Angela Merkel, impegnata in una moltitudine di riunioni in vari formati, quasi sempre con il francese Emmanuel Macron, spesso con Michel e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Anche se è attesa una nuova proposta, per ora la base del negoziato lascia intatto l'ammontare totale del Recovery Fund a 750 miliardi. È cambiato però l'equilibrio tra i sussidi, scesi a 450 miliardi (dai 500 della precedente proposta), ed i prestiti, ora a 300 miliardi (da 250). Nonostante la sforbiciata ai trasferimenti a fondo perduto, tuttavia, è stata rafforzata di 15 miliardi la Resilience Recovery Facility (RRF) - il vero cuore del Fondo di rilancio che prevede allocazioni dirette ai Paesi secondo precisi parametri - aumentate da 310 miliardi a 325. Tra sussidi e prestiti, una dotazione da 625 miliardi di euro. Il taglio ha riguardato invece la parte di sovvenzioni spacchettate tra i programmi. La vittima sacrificale è stato il Solvency Support Instrument (nella proposta precedente dotato di 26 miliardi).
Il fondo a sostegno delle aziende entrate in crisi a causa della pandemia è stato azzerato. A farne le spese anche varie altre voci, dal supplemento a sostegno della ricerca Horizon Europe al Fondo agricolo per lo sviluppo. Intatti invece il Just Transition Fund, la dotazione integrativa per finanziare azioni di sostegno per i territori più in difficoltà sulla transizione ecologica (30 miliardi), su cui l'Italia punta ad esempio per l'Ilva, e RescuEu, la dotazione della Protezione civile rimasta invariata, con due miliardi di sussidi. La sera cala su Bruxelles, davanti ai leader si apre un'altra notte di trattative.