«Molestate da un giovane nella movida spagnola ma all'arrivo della polizia siamo state picchiate noi», tanto da dover ricorrere alle cure dell'ospedale con un «paio di costole incrinate, sangue dal naso, e dolori al petto». E in quei momenti di paura, anche se in contesti diversi, davanti alla violenza il pensiero corre verso la tragedia di Niccolò Ciatti. È la denuncia di Ambra Morelli, 22enne fiorentina, pallanuotista della Rari Nantes Florentia, che il 9 agosto si trovava in vacanza a Valencia, in Spagna, insieme ad altre sette amiche, tutte provenienti da Firenze.
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«Sanguinavo dal naso. Avevamo paura»
La salvezza si chiama polizia, arrivata sul posto, «probabilmente chiamata da qualche cliente della discoteca». «Abbiamo pensato: ora tutto si sistema. Non è andata così, e questa è la cosa che mi fa più male - dice ancora la 22enne -. Un ragazzo può sbagliare, la polizia no. Abbiamo provato a spiegare agli agenti cosa era accaduto, anche in spagnolo: eravamo con le mani in alto. A loro non è importato niente». Ripercorrendo i fatti di quella sera la ragazza spiega che «c'erano almeno cinque pattuglie, 10 agenti, ci hanno accerchiate come criminali, invece eravamo noi le vittime. Ci hanno spinto nella sabbia, avevo la faccia per terra e non riuscivo bene a respirare. A un certo punto è spuntato fuori un manganello». Poi un clima che diventa sempre più pesante di minuto in minuto: «Dopo poco ci hanno alzato con forza - continua Ambra -. Io e la mia amica Matilde ci siamo prese per mano ma ci hanno diviso con violenza. Lì mi è venuto in mente Niccolò Ciatti, ho pensato a cosa deve aver provato lui anche se la situazione era diversa. Ma sono sempre botte e tanta indifferenza da parte di coloro che vedono ma non agiscono». È Valencia ma, racconta, sembra Lloret de Mar, la cittadina catalana dove Niccolò Ciatti, il 22enne di Scandicci (Firenze) fu ucciso nell'agosto del 2017 in un pestaggio in discoteca.
«Qualcuno può pensare che magari avevamo bevuto - spiega Ambra - ma non è così. Dopo alcune persone ci hanno detto che in Spagna queste cose accadono. Sembra la normalità e invece è gravissimo». Le ragazze poi sono andate all'ospedale con addosso i segni della violenza: «Ho avuto danni fisici - spiega Ambra -. Un paio di costole incrinate, sangue dal naso, dolore al petto: sto prendendo ancora antidolorifici. Tutte eravamo paralizzate dalla paura, ho visto alcune mie amiche nel panico, non si muovevano». Proprio per l'ospedale, la ragazza esprime «una nota di merito. Ci hanno accolte, capite e visitate subito e con la massima discrezione e gentilezza». Di questa vacanza, fa capire Ambra, resta la rabbia. E, nonostante le ricerche per ora non ci sono video chiari dell'episodio, solo uno spezzone prima che arrivasse la polizia. Da qui la volontà di non denunciare perché «sarebbe tutto a nostre spese e, diciamolo, inutile. La mia parola contro quella di un agente di polizia». «Io continuo a sentire la mia voce che urla disperata - dice l'amica Matilde. Siamo state aggredite, non siamo noi le colpevoli dicevamo agli agenti. E poi uno sguardo, quello dell'agente donna che faceva parte della squadra di polizia. L'ho fissata chiedendo aiuto, comprensione. E invece in cambio abbiamo solo ricevuto botte».