Depistaggio Borsellino, depositate le motivazioni della sentenza sugli ex poliziotti del pool stragi del 92': «Semplici anelli di una catena»

Gli agenti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo erano finiti a processo perché accusati di aver costretto dei falsi pentiti a raccontare bugie in aula per coprire i veri responsabili.

Giovedì 6 Aprile 2023
Depistaggi Borsellino, depositate le motivazioni della sentenza sugli ex poliziotti del pool stragi del 92': «Semplici anelli di una catena»

Trent'anni di indagini e ancora non si conoscono i nomi di chi, per anni, ha coperto i veri mandanti dell'attentato al giudice Paolo Borsellino, avvenuto nel luglio del 1992, indirizzando la giustizia su false piste e falsi colpevoli durante le prime indagini. 

I giudici del tribunale di Caltanissetta hanno depositato ieri le motivazioni della sentenza, emessa a luglio 2022, sul presunto depistaggio delle indagini sulla strage di via D' Amelio. Nella circostanza, la Corte d'assise di Caltanissetta aveva dichiarato prescritte le accuse contestate ai poliziotti Mario Bo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti finiti sotto processo per l'inquinamento dell'inchiesta, e aveva assolto il terzo imputato, Michele Ribaudo.

I tre agenti, ex appartenenti al pool incaricato di indagare sulle stragi del '92, erano imputati di calunnia aggravata dal favoreggiamento nei confronti di Cosa Nostra. Caduta l'aggravante, era sopraggiunta anche la prescrizione del reato di calunnia. 

 

Le ragioni della sentenza

Nelle oltre 1400 pagine depositate dai giudici in cancelleria, si legge: «Non vi è dubbio alcuno che» l'ex dirigente della Squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera - il capo del gruppo investigativo Falcone e Borsellino, poi deceduto nel 2002 - «Fu interprete di un modo di svolgere le indagini di polizia giudiziaria in contrasto, non solo oggi ma anche nel tempo, con gli stessi dettami costituzionali prima ancora che con la legge».

Nel farlo, La Barbera «pose consapevolmente in essere una lunga serie di forzature, abusi e condotte certamente dotate di rilevanza penale».

Tuttavia, precisano sempre i togati, «gli elementi probatori analizzati non consentono di ritenere che La Barbera fosse concorrente esterno all'associazione mafiosa o che l'abbia agevolata, favorendo il perdurare dell'occultamento delle convergenze dell'associazione con soggetti o di gruppi di potere interessati all'eliminazione di Paolo Borsellino e dei poliziotti della sua scorta». Per i giudici infine La Barbera era «anch'gli un anello
intermedio di quella catena, a cui sarebbe stato importante risalire per poter apprendere appieno scopi e obiettivi dell'attività di cui si discute».

Il processo: come si è arrivati alla sentenza

Secondo l'accusa, rappresentata in aula dal Pm Stefano Luciani, gli imputati Bo, Matteo e Ribaudo, avrebbero creato a tavolino dei "falsi pentiti": Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura e Francesco Andriotta, ex affiliati a Cosa Nostra, costretti a mentire e ad accusare della strage persone poi rivelatesi innocenti.

Un piano che sarebbe stato attuato, dai tre poliziotti,  a suon di minacce, maltrattamenti e pressioni psicologiche ai danni dei falsi pentiti. Un fatto peraltro già ammesso gli stessi ex affiliati nel 2009, nel corso del processo "Borsellino quater". Da qui la contestazione di calunnia ai danni dei poliziotti.

Il castello di menzogne, secondo la Procura, era stato costruito ad hoc sotto la regia di La Barbera, che avrebbe dunque aiutato i veri colpevoli a sfuggire alle maglie della giustizia e coperto per anni le responsabilità dei clan mafiosi di Brancaccio e dei suoi capi, i fratelli Graviano, nell'ambito della cosiddetta "trattativa Stato-mafia". 

Con questa espressione, ricordiamo, si intendono una serie di incontri segreti tra rappresentanti di Cosa Nostra e vertici istituzionali, avvvenuti proprio a cavallo tra il 1992 e il 1993: stop agli attentati in cambio di concessioni e benefici a Cosa Nostra. Questa la posta in gioco.

E in queste trattative occulte consisteva - secondo i giudici di Caltanissetta - la "catena" di cui avrebbe fatto parte anche La Barbera e i suoi tre poliziotti. Ma soltanto come pedina di un gioco più grande di loro. 

Ultimo aggiornamento: 10 Aprile, 15:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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