​Statali e smart working, chi rende di meno lascerà il lavoro agile: così cambiano le pagelle

Lunedì 21 Dicembre 2020 di Francecsco Bisozzi
Statali-smart working, chi rende di meno lascerà il lavoro da casa
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Cambiano le pagelle per gli statali con l’arrivo dei piani organizzativi del lavoro agile. Le valutazioni saranno ravvicinate nel tempo per gli smart worker dello Stato: da gennaio i “voti” saranno mensili. Chi lavorerà meno però non dovrebbe subire sanzioni sotto il profilo retributivo. A Palazzo Vidoni si pensa semmai a far tornare i meno produttivi subito in ufficio. Del resto con i “Pola”, i piani per chi svolge l’attività a distanza, il lavoro agile verrà esteso ad almeno il 60 per cento degli statali smartabili, sarebbe a dire quelli che svolgono prestazioni che non vanno necessariamente rese in presenza.

E, almeno nelle intenzioni della ministra Dadone, ci saranno verifiche sulla produttività ben mirate. Insomma, per semplificare, i dipendenti che non raggiungeranno i target fissati e avranno quindi brutti voti in pagella, dovranno far ritorno in ufficio. Un meccanismo che ovviamente va messo bene a punto.

Del resto, ed è una criticità, non subiranno penalizzazioni le amministrazioni che “dimenticheranno” di presentare i Pola entro il 31 gennaio. Il ministero della Pa pensa d’introdurre in futuro dei premi per i dirigenti incaricati di redigere i piani che si faranno trovare pronti all’appuntamento, da definire con i sindacati nel corso della contrattazione per il rinnovo contrattuale. Nelle intenzioni della Funzione pubblica questi premi verranno finanziati con i risparmi prodotti proprio dal lavoro agile, risorse che i sindacati vorrebbero venissero utilizzate invece per l’aumento delle retribuzioni e l’acquisto di dispositivi medici di protezione adeguati da distribuire agli enti che ne sono carenti.

Il passaggio a una forma di lavoro agile non più improvvisata come nel corso dell’emergenza, inquadrata da regole e priva di contraccolpi per i servizi resi dalle amministrazioni, interessa in realtà solo una fetta degli oltre tre milioni di statali in servizio, ovvero quelli ritenuti smartabili, che a ben vedere sono circa mezzo milione. Il Covid ha aperto i cancelli nella Pa ai furbetti dello smart working, cugini dei furbetti del cartellino, così per fare in modo che il lavoratore pubblico sia produttivo anche da remoto si punta «su una programmazione fluida che preveda orizzonti temporali differenziati e obiettivi mensili, bimestrali e semestrali». Così stabiliscono le linee guida sui Pola emanate dal ministero guidato da Fabiana Dadone. I criteri di misurazione resteranno però più o meno gli stessi di quelli utilizzati in ufficio, ossia si guarderà al numero di pratiche assolte e alla quantità di utenti serviti nella quota di tempo passata a lavorare da casa. 

Si misurerà il tempo impiegato per chiudere una pratica e si terrà conto della valutazione dei superiori e di eventuali rilevazioni provenienti dai cittadini. Per Palazzo Vidoni è prioritario non ripetere gli errori del passato: quest’estate, dopo che in molti hanno puntato il dito contro lo smart working per i dipendenti pubblici, accusando la Pa di nascondersi dietro al lavoro agile per lavorare meno, nei corridoi del ministero sono circolati i risultati di un monitoraggio secondo cui, nei mesi del lockdown e fino a luglio, oltre 500 mila statali esonerati dal servizio hanno continuato a percepire lo stipendio senza alzare un dito visto che prima della pandemia svolgevano mansioni non eseguibili da remoto. Con uno smart working strutturato un simile scenario non potrà più ripetersi, ma per tenere sotto controllo gli smart worker è necessario anche un diverso sistema di sorveglianza del lavoro agile, che garantisca un controllo permanente delle performance. Scettici i sindacati. I Pola sono visti per adesso più che altro come una procedura da assolvere e non come un nuovo modello organizzativo capace di fare la differenza. 

Amministrazioni all’avanguardia, come la Regione Emilia-Romagna, dove lo smart working era diffuso prima della pandemia e il tasso di produttività è aumentato nei mesi del lockdown del 40 per cento, parteciperanno senza problemi alla rivoluzione promossa in fase di rullaggio, mentre in altre digitalmente più arretrate, si pensi ai piccoli Comuni, lo smart working rischia di rimanere un freno all’efficienza. Nella valutazione delle performance si terrà conto anche dei comportamenti adottatti dallo statale, con particolare attenzione alla puntualità e alla flessibilità. Farà la differenza anche il tempo che impiega a rispondere alle mail di lavoro. E dal momento che i traguardi da raggiungere saranno mensili, bimestrali e semestrali, i lavoratori che si riveleranno poco agili correranno il rischio di essere esclusi dalla platea degli smart worker già dopo un mese. 
 

Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 14:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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