Dirigenti Pa, stipendi tagliati con stop a premi e indennità

Mercoledì 19 Marzo 2014 di Andrea Bassi e Luca Cifoni
Il ministero dell'Economia
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Riduzione dei super-stipendi, contratti a tempo, rotazione degli incarichi, ruolo unico dei dirigenti. Si inizia a delineare la strategia del governo in tema di dirigenza, piatto forte della più generale riforma della pubblica amministrazione annunciata dal governo Renzi. Lo stesso tema è affrontato anche nel documento sulla revisione della spesa firmato da Carlo Cottarelli, che prende lo spunto dai confronti internazionali: ad esempio per i dirigenti apicali italiani la retribuzione lorda vale oltre 12 volte il reddito pro capite, contro valori che oscillano tra il 5 e l’8 per Gran Bretagna, Germania e Francia.





I RISPARMI

Da questa voce l’esecutivo conta di ricavare già quest’anno circa 500 milioni di risparmi. L’intenzione è intervenire non sullo stipendio base ma sulle indennità ed in particolare quelle legate ai risultati. In effetti i dati del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato evidenziano negli ultimi anni una crescita delle retribuzioni che varia da comparto a comparto, ma che è molto spesso legata all’incremento della parte variabile. Nel caso della presidenza del Consiglio ad esempio negli otto anni che vanno dal 2004 al 2012 il valore medio della retribuzione di un dirigente di prima fascia è passato da 101.107 a 185.934 euro, con un incremento dell’83,9 per cento (a fronte di un’inflazione cumulata del 16,8).





Questa sorprendente dinamica dipende in modo essenziale dalle indennità fisse e accessorie, il cui totale è quasi triplicato nel periodo considerato, passando da poco più di 40 mila a poco meno di 120 mila euro. Naturalmente il confronto sui dati medi nasconde molte situazioni diverse (compresa per quel che riguarda Palazzo Chigi la presenza di molti dirigenti esterni), e nel caso specifico la progressione annuale delle retribuzioni è influenzata anche dall’andamento non lineare della contrattazione, per cui in un determinato anno possono riversarsi arretrati di quelli precedenti.





LE DIFFERENZE

In generale situazione è piuttosto differenziata non solo tra comparto e comparto ma anche tra i dirigenti di prima fascia (che guidano dipartimenti o direzioni generali) e gli altri, che oltre a collocarsi su livelli più bassi hanno avuto in genere una dinamica meno favorevole. Ad esempio nel comparto ministeri i dirigenti di seconda fascia hanno avuto tra il 2001 e il 2012 una crescita retributiva inferiore a quella del personale non dirigente, ed anche all’inflazione del periodo.





Il taglio delle indennità, in un assetto legislativo in cui i dirigenti sono contrattualizzati (quindi la loro retribuzione non è fissata per legge), è una strada comunque non priva di rischi, visto che c’è la prospettiva molto concreta di ricorsi da parte degli interessati. In ogni caso il governo sarebbe intenzionato a fissare un tetto massimo pari all’emolumento del presidente della Repubblica, circa 250 mila euro l’anno.





L’altro obiettivo già annunciato dallo stesso presidente del Consiglio riguarda la mobilità dei dirigenti. Principio che in realtà è almeno in parte già presente nei contratti; si punta però a stabilire in modo più vincolante il metodo della rotazione degli incarichi e il ricorso a contratti a tempo determinato. Collegato al tema della mobilità è quello del cosiddetto ruolo unico, nel quale verrebbero inseriti tutti i dirigenti delle varie amministrazioni. Una scelta di semplificazione che però presenta qualche difficoltà applicativa.





Nelle intenzioni la riforma dovrebbe essere portata a termine entro il mese di aprile. Per ora non ci sono stati significativi contatti con le organizzazioni sindacali interessate; e restano coperte le carte sul tipo di strumento legislativo da adottare.
Ultimo aggiornamento: 17:28

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