Soumahoro, nella coop venivano assunti politici: dal dipendente-assessore alle consulenze

A Roccagorga un centro della suocera del deputato: un assessore lavorava per lei

Domenica 27 Novembre 2022 di Vittorio Buongiorno e Stefano Cortelletti
Soumahoro, nella coop venivano assunti politici: dal dipendente-assessore alle consulenze
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La politica in provincia di Latina ha sempre avuto, nel bene o nel male, un ruolo attivo nella gestione dei centri di accoglienza dei migranti gestiti dalla Karibu e dal consorzio Aid, le cooperative riconducibili alla suocera di Aboubakar Soumahoro, che sono al centro di due indagini parallele da parte della procura pontina. Sui Monti Lepini Marie Therese Mukamitsindo era di casa.

Come presidente del Cda di Karibu veniva invitata alle manifestazioni pubbliche, in prima fila per valorizzare le attività svolte dagli ospiti dei Cas, i centri di accoglienza straordinari. Fiumi di denaro pubblico transitato nelle casse dei Comuni da girare poi alle cooperative che gestiscono l'accoglienza, in molti casi senza perdere troppo tempo a verificare le rendicontazioni.

Alcune amministrazioni locali hanno esercitato un ruolo attivo nel controllo di questi centri, fino anche a farli chiudere per l'assenza di ogni basilare condizione di vivibilità, altre molto meno. E c'è perfino chi ha rivestito il doppio ruolo di controllore e controllato. Amministratore pubblico e dipendente di Karibu. È il caso di Roccagorga, cinquemila anime sui Monti Lepini, dove il consigliere comunale, poi nominato assessore delegato proprio alle politiche sociali, Tommaso Ciarmatore era contemporaneamente dipendente di Karibu. Nel curriculum si definiva coordinatore responsabile dal 2010. Lui era stato eletto nel 2009 ed è rimasto in carica per dieci anni.

«Non lavoravo sul territorio di Roccagorga ma in altre sedi della cooperativa e il progetto Sprar è antecedente ai miei ruoli pubblici», dice Ciarmatore. E aggiunge: «Ho anche difeso i miei colleghi come sindacalista della Cgil per varie questioni lavorative interne». In ogni caso l'ex assessore si dichiara «a completa disposizione degli organi inquirenti, qualora avessero bisogno di me» e auspica «che nel minor tempo possibile si faccia definitivamente chiarezza su ogni cosa, in modo da poter stabilire realmente le responsabilità».
Oggi Roccagorga continua a ospitare centri di accoglienza gestiti da Karibu: il comune è commissariato e l'amministrazione prefettizia sta passando al setaccio tutti i conti, prima di erogare i finanziamenti gestiti dal ministero. Ci sono altri casi? Dipendenti diretti forse no, ma consulenti: ci sono almeno due politici pontini, uno del Nord e uno del Sud, che hanno lavorato per le due cooperative. Tutto legittimo, fino a prova contraria, ma forse non proprio opportuno.

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SEZZE E SONNINO
A Sezze, la città famosa per i carciofi, il progetto di accoglienza nasce nel 2001 «con dei protocolli di intesa forniti direttamente dal ministero dell'Interno in cui la cooperativa Karibu veniva indicata come ente gestore - racconta l'ex sindaco Pd Andrea Campoli, in carica dal 2007 al 2017 - Questa modalità andò avanti fino al 2008, tra l'altro trovando d'accordo un'amministrazione di centrodestra per quattro anni, fino a quando fui io a decidere di indire una gara pubblica per selezionare un partner per la gestione di questo progetto pur non essendoci alcun obbligo fino al 2014». Karibu, ricorda Campoli «vinse legittimamente e mantenne, grazie a varie proroghe come da capitolato d'appalto, il servizio fino al 2017, quando fu indetta una nuova gara, che si concluse con un iter tribolato, nel 2019, con la vittoria di un'altra coop».

A Sezze, stando all'ex sindaco, tutto funzionava. Ricorda invece come pessima l'esperienza avuta con Karibu il sindaco di Sonnino, Luciano De Angelis. «Il 4 gennaio 2017 venni a sapere dell'arrivo di 18 migranti eritrei sul nostro territorio: Karibu aveva preso in affitto un immobile che era senza acqua calda, senza bagni e riscaldamenti. La temperatura era sotto zero e i ragazzi arrivarono con infradito e t shirt. Fu la comunità sonninese a portare cibo, vestiti, coperte. Restarono lì una sola notte e non ho dormito dalla paura che qualcuno potesse morire di freddo. L'indomani convocai Karibu, si presentò una donna impellicciata (Marie Therese Mukamitsindo, ndr). Le consegnai il diniego all'abitabilità della struttura e se ne dovettero andare. Nei giorni successivi scrissi al prefetto di Latina per sapere che fine avevano fatto quei ragazzi eritrei, non ho mai avuto risposta».

 

Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 08:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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