Sistema Sesto, Penati e altri 10 assolti perché il fatto non sussiste

Giovedì 10 Dicembre 2015
Filippo Penati in aula
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MONZA - "E' stata fatta giustizia", dice l'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati. Il giudice Giuseppe Airo' ha appena letto la sentenza e nell'affollata aula del tribunale di Monza parte l'applauso. Penati e gli altri dieci imputati, tra cui la societa' Codelfa, sono stati assolti nel processo sul cosiddetto "sistema Sesto". Per l'accusa l'ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani avrebbe incassato presunte tangenti "per almeno 3,5 milioni di euro" nell'ambito di un "vasto e diffuso sistema di tangenti" che movimentava "un fiume di denaro" per soddisfare " le sue esigenze elettorali e quelle dei Ds milanesi". Ma sull'accusa piu' pesante, la concussione contestata per un presunto giro di tangenti in cambio di concessioni edilizie sulle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, dove in passato Penati è stato sindaco, e' intervenuta la prescrizione mentre per i reati di corruzione e finanziamento illecito ai partiti l'ex esponente dei Ds e' stato assoluto "perche'il fatto non sussiste".

"RESTITUITA LA MIA ONORABILITA'"
A luglio, al termine della sua requisitoria, il pm monzese Franca Macchia aveva chiesto al tribunale di condannare Filippo Penati a 4 anni di carcere, Bruno Vinasco ex manager del gruppo Gavio e l'architetto Renato Sarno a 2 anni e mezzo di reclusione, Antonino Princiotta ex segretario generale della provincia di Milano a due anni e gli imprenditori Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini rispettivamente a 2 anni e un anno e mezzo di carcere. Unica assoluzione chiesta è stata quella di Giordano Vimercati, ex braccio destro di Penati, nei confronti del quale i Ds hanno rinunciato a costituirsi parte civile. "Con questa sentenza si è messa fine a un'ingiustizia durata quattro anni e mezzo - afferma Penati - Esce pulita la mia immagine di amministratore ed è stata restituita la mia onorabilita'. Per ora nessun ritorno alla politica - "non ci penso nemmeno" - ne' rimpianti per la sua ex compagine: "Il mio partito mi ha voluto molto bene", commenta ironicamente.

CONTRATTACCO
Per la pm Franca Macchia, Penati avrebbe dovuto essere condannato "senza attenuanti, ha dimostrato voracita esercitando un controllo diretto sulla Milano Serravalle". Cuore dell’inchiesta il cosiddetto “sistema Sesto“, ovvero un presunto giro di mazzette e finanziamenti illeciti per “milioni di euro” che sarebbero stati incassati in parte dall’ex presidente della Provincia di Milano. L’inchiesta della Procura di Monza è nata dall’indagine milanese sul caso Santa Giulia-Montecity. Allora inquirenti avevano scoperto una serie di fatture per operazioni inesistenti emesse da Piero Di Caterina, titolare della Caronte, a favore del gruppo Risanamento.

Da qui è scattata una serie di perquisizioni a casa e nelle sedi delle società dell’imprenditore, diventato insieme al costruttore Giuseppe Pasini il grande accusatore di Penati, ed e' stata sequestrata una mail ”compromettente” inviata allo stesso ex presidente della Provincia e a Bruno Binasco, amministratore del Gruppo Gavio. Le rivelazioni dei due hanno fatto emergere, questa l’ipotesi, un presunto meccanismo di tangenti e di finanziamento illecito ai partiti. Oggetto delle indagini anche l'acquisto, avvenuto nel 2005 da parte di Penati, del 15% di quote dell'autostrada Milano-Serravalle dal gruppo Gavio a un prezzo ritenuto incongruo. "E' stata una una vittoria sofferta. Ora portero' Di Caterina e Pasini in tribunale per diffamazione", annuncia Penati.

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