Italia fragile, uccisi dal fango nella villetta abusiva

Lunedì 5 Novembre 2018 di Lara Sirignano
Italia fragile, uccisi dal fango nella villetta abusiva
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Un territorio violentato da anni di abusivismo edilizio. Case costruite lungo gli argini dei corsi d'acqua, sui letti dei fiumi, a ridosso della costa. Una costa ridotta a un ammasso di scheletri in attesa di demolizioni che non arrivano mai. Fino a quando la natura si riprende quel che è suo. Il torrente, ingrossato da giorni di piogge, torna nel suo letto e nella sua corsa travolge tutto quel che incontra.

Sicilia, 12 morti per il maltempo: distrutte due famiglie
 


 
IL SITO
Non c'è nessuna fatalità nella tragedia di Casteldaccia, nessuna casualità nella morte delle nove persone rimaste intrappolate nella villetta abusiva che sabato notte è stata invasa dalle acque del fiume Milicia. Annegate mentre festeggiavano il primo compleanno della piccola Rachele, che, invano, il fratello 15enne ha cercato di salvare dalla piena e dal fango. L'acqua ha trascinato via le vite di due famiglie e ucciso tre bambini. La sorte ha salvato solo Giuseppe Giordano, 32 anni, scaraventato dalla furia del fiume su un albero e i tre familiari usciti prima della piena per comprare dei dolci. Sul profilo Facebook di una delle vittime restano le foto dei regali per i piccoli che poco dopo avrebbero perso la vita. Cioccolato e leccornie, com'è tradizione in Sicilia per la festività dei morti.
  < Chi rimane ha perso tutto e chiede giustizia. E mentre la politica si divide, polemica, su condoni passati e futuri, spetta alla magistratura dare risposte. La prima arriva a poche ore dalla tragedia. La villetta era abusiva. Edificata a meno di 150 metri dal fiume, distanza che gli addetti ai lavori definiscono di rispetto, il rispetto per la natura e per un torrente che anni di lottizzazione abusiva hanno imprigionato. Il sindaco di Casteldaccia Giovanni Di Giacinto ha consegnato ai pm la pratica aperta nel 2008 sulla casa della morte. Già allora l'amministrazione ne aveva disposto la demolizione. Ma i proprietari - le vittime erano solo in affitto- hanno impugnato l'ordinanza al Tar. Cosa sia accaduto dopo è tutto da accertare.
 
 


PROBLEMI
Ma, spiegano gli inquirenti, l'impugnazione della decisione di abbattere l'immobile abusivo non basta a fermare le ruspe e il Comune deve vigilare sull'iter del procedimento che deve andare avanti a meno che non ci sia una sospensiva dei giudici amministrativi.
Ieri mattina, il capo della Procura di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, ha sorvolato la zona in elicottero. «Ho visto il disastro - ha raccontato il magistrato - è tutto ancora da verificare. Stiamo valutando quale reato ipotizzare ma la casa non era in regola», ha spiegato.

L'indagine farà il suo corso. Ma i sindaci e chi nella zona vive e opera parlano di tragedia annunciata. I loro racconti sembrano diari di una guerra impossibile da vincere. «La zona in cui è esondato il fiume è ad altissimo rischio idrogeologico non solo per le condizioni dell'alveo, che è invaso dai rifiuti, ma per l'enorme numero di edifici costruiti in violazione della legge. Lo denunciamo da anni. L'ultimo esposto è del 2017 e l'ho fatto con l'ex sindaco di Casteldaccia», dice Giuseppe Virga, primo cittadino di Altavilla Milicia il cui territorio è separato da quello di Casteldaccia proprio dal torrente straripato. Con enormi sforzi Virga è riuscito a buttar giù una decina di edifici realizzati sul mare, ma la sua battaglia non è conclusa.
Nonostante le denunce di amministratori e ambientalisti le costruzioni sono andate avanti. Si continua a tirare su scheletri, si piazzano cancelli a difesa della proprietà che rendono difficili i controlli. «Accedere alla zona - racconta l'ex sindaco del Comune in cui si è verificata la tragedia, Fabio Spatafora - è difficilissimo, ci sono solo su sei vigili urbani. Le demolizioni sono rarissime: non abbiamo i soldi per farle e comunque la legge ci vincola a una serie di adempimenti burocratici che allungano i tempi. Per questo la gente continua a costruire. Sa che resterà tutto impunito».

L'ordine di abbattimento non basta infatti. Perché se il proprietario, come accade nella stragrande maggioranza dei casi, non ottempera, la pratica torna al Consiglio comunale che deve decidere se acquisire al patrimonio dell'ente l'immobile o demolirlo. Passano gli anni. Tutto resta fermo. Fino all'ennesima tragedia.
 

Ultimo aggiornamento: 17:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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