Scuole riaperte, Pregliasco: «Abbiamo aggiunto rischi a una situazione già delicata, ora pagheremo il conto»

Sabato 3 Aprile 2021 di Graziella Melina
Scuole riaperte, Pregliasco: «Abbiamo aggiunto rischi a una situazione già delicata, ora pagheremo il conto»

La riapertura delle scuole per pochi giorni prima di Pasqua è stata solo un «elemento simbolico». Che potrebbe però costarci caro. Come spiega Fabrizio Pregliasco, ricercatore di Igiene generale e applicata dell'Università degli Studi di Milano, mentre «dal punto di vista didattico per gli studenti ovviamente non cambia nulla, sotto il profilo sanitario aggiunge però ulteriori rischi ad una situazione epidemiologica già delicata».

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In base a quali evidenze scientifiche secondo lei si è ritenuto sicuro far tornare gli alunni in classe?
«È stata una risposta ad un bisogno, visto che la didattica a distanza crea problemi oggettivi alle famiglie.

Ma dal punto di visto scientifico ad oggi riteniamo che la scuola sia un elemento di rischio».


Sulla rivista Lancet Regional Health - Europe è stato pubblicato di recente uno studio in cui alcuni ricercatori sostengono però il contrario.
«In realtà quello studio ha intrinseche caratteristiche di debolezza rispetto a come è stato costruito. Il periodo di osservazione si ferma in sostanza all'inizio della seconda ondata, troppo presto quindi per trarre conclusioni. In più, considera diverse scuole in cui, in alcuni casi, non sono stati fatti i tamponi. E questo aggiunge incertezza rispetto al problema principale che c'è oggi, ossia la difficoltà del tracciamento e l'incapacità di risalire alla catena di contagio. Noi riteniamo che spesso non riusciamo ad agganciare la scuola come elemento di insorgenza di focolaio».


Quindi si riaprono le scuole pur sapendo che il rischio di contagio c'è sempre.
«Il ruolo della scuola nella diffusione dell'epidemia lo conosciamo già e può essere legato anche al fatto che, pur seguendo tutti i protocolli, non riusciamo a controllare in modo adeguato la mobilità e la socialità che si crea intorno. Invece che riaprire, questi giorni potevano piuttosto permettere una ripianificazione più sistematica e una attuazione dei protocolli di sicurezza».


E quindi a pagarne le spese saranno ancora una volta i nonni?
«Sarà difficile purtroppo determinare quanti contagi saranno causati da questa riapertura. Ed è un dubbio atroce. Ricordiamo che siamo in un periodo di grande diffusione del virus, probabilmente stiamo assistendo ad una fase di plateau, anche se purtroppo non riusciamo a quantificare in modo adeguato tutti i casi, quindi ne perdiamo sicuramente una quota. Nelle ultime settimane, si osserva una riduzione del 3-4 per cento dei contagi, però è ancora altissimo il debito di dolore e la mortalità. Per questo, dal punto di vista scientifico un lockdown dovrebbe essere purtroppo prolungato ancora».


Ma se le evidenze scientifiche passano spesso in secondo piano, come si fa a tenere a bada l'epidemia una volta per tutte?
«Lo sforzo fondamentale in questo periodo è di mantenere la diffusione del virus più bassa possibile e fare in modo che possa attuarsi nel breve periodo. Ma serve con urgenza una campagna vaccinale per ridurre l'impatto già così pesante dei contagi».


Vista la carenza di dosi anticovid, la strada sembra ancora tutta in salita.
«Sicuramente la lentezza nella realizzazione della campagna vaccinale, come l'Oms ha messo in evidenza, può facilitare l'insorgenza di varianti e far scendere meno la curva soprattutto dei casi più complessi. Nella situazione in cui ci troviamo, anche la scuola è un elemento di possibili situazioni di rischio. Quindi, serve ancora una stretta e un'attenzione particolare prima di riaprire. E poi, bisogna richiamare ad una responsabilità personale, a prescindere dalle disposizioni. Visto che in questo momento ogni contatto interumano va considerato a rischio potenziale di contagio, dobbiamo centellinarlo e usarlo con buon senso».

Ultimo aggiornamento: 13:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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