Test rapidi in arrivo tra i banchi di scuola. Dopo le polemiche delle scorse settimane, ieri il Comitato tecnico scientifico ha finalmente accordato il proprio via libera alle prove antigeniche. I tecnici del Cts hanno infatti validato una bozza del ministero della Salute ritenendo questo tipo di test attendibili e utilizzabili anche per i più piccoli, proprio come già avviene negli aeroporti per filtrare i turisti in arrivo da Paesi a rischio e in alcune scuole pilota. Prima di entrare a regime però, si condurranno delle ulteriori brevissime sperimentazioni. La prima a partire sarà quella dell’Istituto Spallanzani di Roma che si dice già pronto a testare 800 mila studenti.
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Dopodiché, non appena ne saranno disponibili in quantità adeguata (il Commissario Domenico Arcuri ha già fatto partire una richiesta pubblica di offerta per la fornitura di 5 milioni di unità che si chiuderà l’8 ottobre) gli antigenci, vero nome di questa tipologia di tamponi, verranno quindi impiegati in tutti gli istituti scolastici italiani ma solo «ai fini esclusivi di screening».
TAMPONI
Questi ultimi però. come temuto da molti, se eseguiti più volte potrebbero finire con il danneggiare fisicamente e psicologicamente i bambini. In effetti si tratta di un esame piuttosto fastidioso che, più che altro, potrebbe far paura ai più piccoli: una sorta di lungo “cotton fioc” viene inserito nelle narici e un altro in gola, andando più in fondo possibile. Tuttavia, se eseguito in modo corretto, non ci sarebbe alcun effetto collaterale. «I bambini non corrono alcun rischio particolare se la procedura viene eseguita correttamente», spiega Giuseppe Mele, presidente della Società italiana medici pediatri (Simpe) e consulente dei corsi di formazione per Consulcesi. «I test vengono eseguiti da personale specializzato - continua l’esperto - per cui non bisogna temere nulla». O almeno nulla di serio. I pericoli della procedura, secondo il pediatra, non sarebbero poi tanto diversi da quelli di un vaccino: «Ad esempio, quando si effettua un vaccino c’è il pericolo che si rompa l’ago o che l’iniezione possa provocare reazione e scatenare ad esempio un leggero malessere o un’influenza, ma il beneficio per il bambino e per la comunità rappresenta sicuramente un vantaggio maggiore». Per il pediatra, quindi, non bisogna perdere di vista l’obiettivo. «Cioè - conclude - quello di avere un’istantanea della diffusione del virus in modo da poter adeguare le contromisure».