Roma, Anna muore a 28 anni di Covid dopo il parto: non era vaccinata. Salvo il bambino

Era ricoverata all’Umberto I di Roma. I medici: proteggersi anche in gravidanza. Il figlio, fatto nascere con un cesareo, non è risultato positivo e ora sta bene

Venerdì 21 Gennaio 2022
Roma, Anna muore a 28 anni di Covid dopo il parto: non era vaccinata. Salvo il bambino

«Si muore da vecchi» dicono quelli che al Covid rispondono alzando le spalle perché per loro è «solo un’influenza». Ma il virus non risparmia nessuno, infetta e uccide anche le donne, pure quelle in dolce attesa. Giovani che non hanno compiuto ancora trent’anni. Le donne con un quadro clinico sereno: senza patologie autoimmuni, senza problemi legati all’obesità o all’ipertensione (tra le cause che tendono a complicare le condizioni di chi contrae il Sars-Cov-2). Anna - la chiameremo così - aveva appena 28 anni e non era vaccinata. È morta nella notte tra il 20 e il 21 gennaio nel reparto di Terapia Intensiva del policlinico romano Umberto I. Residente ad Aprilia, una cittadina tra Roma e Latina, era incinta e il suo bimbo è stato fatto nascere alla 32esima settimana con un taglio cesareo nel disperato tentativo di salvare la vita ad entrambi.
Lui, il piccolo appena un chilo e 800 grammi, si è salvato: scalcia già e si muove dentro l’incubatrice.

Lei, Anna, invece è morta senza aver visto per un solo secondo il figlioletto che portava in grembo. La donna aveva contratto il Covid da non vaccinata, il suo percorso di immunizzazione contro il virus non era mai partito e neanche la sicurezza di poter ricevere la dose pur essendo incinta l’aveva convinta, spronata a tutelarsi. 

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La storia

Il virus l’ha contratto a casa, durante le vacanze di Natale, era il 29 dicembre quando sono iniziati i primi sintomi poi il tracollo contro cui neanche i sanitari dell’Umberto I hanno potuto nulla pur adoperandosi in ogni modo. Ed Anna non era una di quelle donne che, stando ad un’ultima indagine dell’Asl Roma 1 sul profilo dei “no vax” di ritorno, non si era vaccinata perché ai margini della società, straniera o senza istruzione. La sua è una famiglia normale, italiana e istruita, lavoratori i genitori, lavoratore il marito ma del vaccino non si fidava, pare che neanche suo marito fosse vaccinato e il Covid se l’è portata via in meno di un mese. 
Il sette gennaio, dopo nove giorni dai primi sintomi, Anna non riesce a respirare e così i suoi cari decidono di portarla al pronto soccorso dell’Umberto I. «È stata ricoverata con una seria insufficienza respiratoria - ricorda Katia Bruno, coordinatrice della Terapia intensiva Covid del policlinico universitario - per diverse ore è stata trattata al pronto soccorso ostetrico e poi trasferita in reparto». Le condizioni sono apparse da subito complesse. «La donna era sì incinta ma non aveva patologie pregresse o condizioni tali da aggravare l’evoluzione della malattia, non si era vaccinata ma è fondamentale farlo perché il Covid uccide anche le persone sane e le giovani donne che aspettano un bimbo», prosegue la Bruno che aggiunge: «Da subito è stata trattata con il casco al 100% di Co2 e i monitoraggi del bimbo, fatti in continuazione durante la degenza, non mettevano in luce alcuna problematica». 

L’evoluzione

Ma la donna non dava segni di miglioramento fino a che, sei giorni più tardi - il 13 gennaio -, il quadro clinico è arrivato ad un passo dal crollo: «Era difficile gestire la respirazione solo con il casco - ricorda la coordinatrice della Terapia intensiva - e si è dunque deciso di intervenire con il parto cesareo alla 32esima settimana in anestesia generale. Dopo l’operazione è stata trattata con la ventilazione meccanica in Ecmo al 100%». Il bimbo «dopo un iniziale “distress” respiratorio - fanno sapere dall’ospedale - è stato ricoverato in Terapia intensiva neonatale ma ora le sue condizioni sono buone e non necessita di supporto ventilatorio». Il Covid non l’ha contratto. Anna invece dopo un apparente miglioramento con l’Ecmo ha ceduto: il suo cuore ha smesso di battere alle 4 del mattino di due giorni fa lasciando nello sconforto la famiglia ma anche i sanitari. Il dolore è dilagato anche ad Aprilia: «Una vera tragedia - commenta il sindaco della cittadina Antonio Terra - Ho ricevuto la chiamata direttamente dall’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, lui stesso di persona mi ha voluto informare della situazione e porgermi la sua vicinanza considerata la situazione molto delicata». Proprio D’Amato, che ha garantito svariati “Open day” per le donne in gravidanza al fine di ribadire l’importanza della copertura vaccinale anche per loro (il 2 febbraio ci sarà un altro appuntamento dedicato all’ospedale Sant’Eugenio di Roma ndr), lancia di nuovo l’appello alle donne che aspettano: «Vaccinatevi è assurdo morire cosi».

Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 18:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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