Renzi: «Sul referendum decidono gli italiani non le correnti del Pd»

Martedì 11 Ottobre 2016
Renzi: «Sul referendum decidono gli italiani non le correnti del Pd»
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ROMA Non ricorre a nessuna delle sua metafore contadine, Bersani. Anche se il tono è quello colloquiale che lo ha fatto diventare uno dei personaggi di Crozza: «Solo se la Pinotti schiera l'esercito mi si potrà far fuori dal mio partito: il Pd è casa mia». Parole meditate, dispensate ai cronisti di Montecitorio perché possano arrivare forti all'orecchio di Matteo Renzi. Parole pronunciate da leader della minoranza dem. E il premier in serata, ospite a Politics, su Rai3, replica: «Io rispetto tutti, ho fatto, contro la mia natura, anche una proposta di mediazione ulteriore» sull'Italicum. E se la minoranza chiede l'accordo prima del 4 dicembre? «Va tutto bene ma se non si fidano fanno bene a votare No».

PASTORIZIA
E se qualcuno se ne va? «Se hai cambiato idea avrai i tuoi motivi», incalza Renzi. «Io apro e loro evocano la scissione. Ma siamo un partito democratico e meno male: votano gli italiani non le correnti dem... Alla gente interessa più la pastorizia che le correnti del Pd!».

Bersani, però, esclude una scissione. Non pensa che il voto sul referendum sia «il giudizio di Dio, se vince il No non è la fine del mondo. Dice che «una commissione non si nega a nessuno, ma se si tira dritto - aggiunge - non si tirerà dritto con il mio Sì, si tirerà dritto con il mio No». E l'apertura sulle modifiche alla legge elettorale? Non pervenuta o meglio giunta fuori tempo massimo. «L'incrocio tra la riforma costituzionale e l'Italicum comporta una nuova forma di governo», è il ragionamento di Bersani. Lªex segretario ha scelto da tempo da che parte stare. Ma non farà il «frontman del No», si limiterà a tenere il punto: «La richiesta di cambiare l'Italicum non nasce adesso. E nel pd in merito alle questiioni costituzionali non esiste alcuna disciplina o vincolo».
Il ballottaggio è il vero il nodo della legge elettorale. Un nodo che la Commissione del Pd, incaricata di studiare le possibili modifiche all'Italicum, dovrà sciogliere aprendo il confronto con gli altri partiti. Prevale nella minoranza la richiesta di tornare al proporzionale o comunque a coalizioni di governo che si formino dopo le elezioni. E quando a Bersani si fa notare che eliminando il ballottaggio - come appunto chiede la minoranza - vorrebbe dire consegnare il Paese alle larghe intese, scatta puntuale la metafora improbabile, «non è che se hai la febbre allora rompi il termometro, se la società ti chiede le coalizioni non puoi negargliele, puoi fare un sistema che limiti la frammentazione ma non puoi pensare di governare da solo con il 25%».

Fin qui Bersani. Con in più la chiosa su Gianni Cuperlo, che il giorno prima aveva annunciato le dimissioni da deputato qualora fosse costretto il 4 dicembre a votare No, «un gesto generoso ma non è una linea politica... qualcuno dovrà pur rimanere».

Insomma, ci vorrà molto (ma molto) tempo per eliminare le scorie rimaste sul terreno. Veleni che circolano a tutto campo al Nazareno e dintorni. Perché se la Direzione nazionale di lunedì doveva lanciare un ponte tra uno steccato e l'altro, per ora quel tentativo di mediare è avviato al fallimento. Anche se Roberto Speranza, Area Riformista, smentisce il rischio-scissione. E il vice segretario Lorenzo Guerini considera «interpretazioni sbagliate» quelle di chi parla di divorzio

Intanto il fronte del No si arricchisce di una nuova presenza.

Anche il presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, ha infatti presentato ieri, insieme alla professoressa Barbara Randazzo, due ricorsi, uno al Tar del Lazio e uno al tribunale civile di Milano per impugnare il quesito referendario. Nei ricorsi si chiede il rinvio della questione alla Corte Costituzionale perché «in un unico quesito vengono sottoposti all'elettore una pluralità di oggetti eterogenei».

Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 11:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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