Quota 100, addio a fine 2021: pensioni, ecco cosa cambierà (dalla flessibilità a quota 41)

Economia

Domenica 25 Aprile 2021
Quota 100, addio a fine 2021: pensioni, ecco cosa cambierà (dalla flessibilità a quota 41)

Quota 100 è destinata a scadere come previsto alla fine del 2021. Ma nell'ultima versione del Recovery plan varato ieri sera dal Consiglio dei ministri non c'è più alcun riferimento al meccanismo di pensionamento anticipato introdotto nel 2019 in via sperimentale per un trienni dal governo Lega-M5s. 

La scadenza.

Quota 100 insomma terminerà in ogni caso alla fine dell'anno e questa forma di pensionamento anticipata sarà sostituita da misure a favore dei lavoratori impegnati in lavori usuranti. Le poche e scarne righe dedicate da una delle ultime bozze del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) alla previdenza («In tema di pensioni, la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti») sono però state cancellate nella versione finale. Una concessione alla Lega che premeva per trovare una soluzione alternativa che in qualche modo continuasse a consentire una uscita dal lavoro in anticipo rispetto ai 67 anni previsti dalle regole attuali.

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Le soluzioni. Fra le ipotesi studiate finora c'è quella di consentire l'uscita a tutti con 41 anni di anzianità lavorativa (contro i 42 anni e 10 mesi attuali per gli uomini e i 41 anni e 10 mesi per le donne). Una proposta sostenuta soprattutto da Claudio Durigon, sottosegretario leghista all'Economia, che sollecita da tempo l'introduzione di Quota 41, l'uscita dal lavoro con 41 anni di contributi indipendentemente dall'età. Si è ipotizzato anche di consentire l'uscita con requisiti leggermente più stringenti di Quota 100 (con un'età minima fissata a 63-64 anni) e qualche forma di penalizzazione dell'assegno a compensare gli anni di anticipo. 

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La sperimentazione. Il problema è che la fine della sperimentazione triennale di Quota 100 configura un ritorno alle regole della riforma Fornero introdotte nel 2011, con l'uscita a 67 anni e la sola eccezione delle mansioni usuranti. Una regola che alla fine di quest'anno provocherebbe uno scalone di 5 anni per l'uscita dal lavoro fra chi si ritrova ad avere i requisiti di Quota 100 entro questo dicembre e chi li maturerà a partire dal prossimo gennaio. Uno scenario che vede decisamente contrari i sindacati. 

La flessibilità. «Siamo per l'uscita flessibile da 62 anni in poi e per riconoscere» i lavori usuranti, ha detto il leader della Cgil, Maurizio Landini a Radio24, sottolineando che va affrontata anche la questione della «pensione di garanzia per i giovani» e delle «donne». «Certo che non si risolve dentro il Recovery, ma aspettiamo di essere convocati nei prossimi giorni perché queste riforme si fanno col consenso delle forze sociali».

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Il confronto. «Il sistema pensionistico italiano deve essere reso più flessibile per rispondere alle legittime aspettative di milioni di lavoratori e lavoratrici. Bisogna evitare a tutti i costi un nuovo scalone a 67 anni e un altro fenomeno esodati», ha osservato anche il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. «Assicurare l'uscita volontaria dal mercato del lavoro a partire da 62 anni o realizzare l'obiettivo di 41 anni di contributi a prescindere dall'età per godersi il sacrosanto diritto alla pensione sono aspetti di cui bisogna subito parlare con il Governo. Speriamo che la Commissione di studio su lavori gravosi e usuranti venga convocata al più presto per confrontarsi anche con le parti sociali su questo tema».

I lavori usuranti. In attesa di capire quale sarà la strada scelta dal governo (le pensioni in questo momento non sembrano una priorità per il premier Mario Draghi) i canali di uscita esistenti che potrebbero essere confermati e potenziati sono due. Il primo riguarda i lavori usuranti propriamente detti, che tecnicamente si chiamano lavorazioni particolarmente faticose e pesanti. Vi rientrano minatori, lavoratori notturni, addetti alla linea catena (processi produttivi in serie con ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo) e conducenti di veicoli pesanti nei servizi pubblici. Alla Camera è già in discussione un disegno di legge che allargherebbe la platea agli edili.

Ape sociale. Il secondo canale è stato introdotto più recentemente e si collega al cosiddetto Ape sociale, ovvero la possibilità di accedere a un trattamento provvisorio, prima del pensionamento vero e proprio, a partire dall'età di 63 anni. Una possibilità che riguarda disoccupati di lungo periodo, invalidi, caregiver di disabili e infine lavoratori appartenenti a quindici diverse categorie, dal personale delle pulizie agli insegnanti dell'infanzia, dagli operai agricoli ai pescatori e ai siderurgici. Anche l'Ape sociale è una misura sperimentale che al momento viene prorogata di anno in anno.

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Opzione donna. Resta infine da vedere se sarà prorogata anche Opzione donna, il canale di uscita anticipato riservato alle lavoratrici di 58-59 anni con almeno 35 anni di contributi, che in cambio di questa scorciatoia accettano un assegno tagliato per l'applicazione del calcolo contributivo sull'intera carriera.

Il contratto di espansione. Infine porebbe essere confermata e potenziata un'altra possibilità di uscita anticipata non legata ai requisiti del singolo ma nell'ambito di accordi aziendali, come il contratto di espansione. Una soluzione anche questa caldeggiata dal leghista Durigo che pensa in particolare a uno scivolo per le imprese private che dovranno risrrutturare per consentire ai lavoratori di andare in pensione in anticipo.

Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 08:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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