Fabio Cerchiai, Autostrade: «Rifare il ponte è nostro dovere, aperti a Fincantieri»

Giovedì 13 Settembre 2018 di Osvaldo De Paolini
Fabio Cerchiai
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In Via Bergamini 50, la modernissima sede romana di Autostrade, ieri si respirava un’aria diversa rispetto alla cappa di sconforto che avvolgeva il palazzo nei giorni successivi alla tragedia genovese. C’è soprattutto grande stanchezza e visi tirati, ma anche determinazione e voglia di dimostrare che l’azienda può risolvere in breve tempo i problemi di Genova. Le minacce di estromissione dalla ricostruzione del ponte, che ogni giorno lanciano i ministri Di Maio e Toninelli, ovviamente arrivano sulle scrivanie dei piani alti. Ma le riunioni operative e i contatti con le autorità liguri procedono come se alla fine non ci fosse alternativa agli interventi di Autostrade. 

Fabio Cerchiai, come presidente di Edizione e Atlantia, la catena di controllo che porta ad Autostrade, lei è perfettamente a conoscenza delle volontà degli azionisti e del management. Come vi state preparando all’uppercut che potrebbe arrivarvi addosso con il decreto di inibizione promesso da Toninelli? 
«Circolano molte ipotesi sui contenuti di quel decreto e il governo ha tutto il diritto di assumere decisioni. Sempre naturalmente che ciò avvenga nel rispetto dei diritti e dei doveri sanciti nel contratto di concessione e delle norme vigenti». 

E se così non sarà? Se il governo cancellerà con un tratto di penna convenzione e concessione estromettendovi da qualunque attività? 
«Si tratta di materia complessa, non a caso a Cernobbio il premier Conte ha precisato che le eventuali decisioni sull’argomento non dovranno esporre il governo a rischi rilevanti». 

Che cosa intendeva, secondo lei, per “rischi rilevanti”? 
«Secondo la convenzione, Autostrade ha l’obbligo e il diritto di provvedere nel tempo più breve possibile alla ricostruzione del ponte. Così come il ministero dei Trasporti ha l’obbligo di documentare le eventuali violazioni del concessionario, cosa che fino ad oggi non ha fatto». 

Non mi ha risposto sui “rischi rilevanti” per il governo. 
«Non posso interpretare le parole del presidente Conte. Penso si riferisse ai rischi legali che potrebbero risultare, qualora il governo dovesse non rispettare quanto previsto dalla Convenzione. In tal caso non potremmo restare inerti, dovremmo tutelarci. Non sarebbe una scelta quella che avremmo davanti, sarebbe una via obbligata. Tra l’altro, vorrei ricordare che noi agiamo anche nell’interesse di circa 31 mila lavoratori e 55 mila azionisti, piccoli e grandi, italiani e stranieri. Ma ripeto, per noi oggi la prima preoccupazione è quella di alleviare la sofferenza dell’intera comunità genovese». 

A questo proposito, qualche ministro ha definito “elemosina” i primi interventi in denaro a favore delle 260 famiglie rimaste senza casa. 
«Definizione impropria. Noi siamo intervenuti, d’intesa con il Comune e la Regione, a sostegno delle prime e più immediate necessità proprio per contenere il disagio di chi è stato colpito dalla tragedia o ne ha subito le conseguenze. Il tema dei risarcimenti è altra cosa». 

Torniamo alla ricostruzione. Quindi per voi violazione del contratto sarebbe anche la partecipazione al progetto di Fincantieri? 
«Ma no, siamo aperti ad ogni contributo che possa aiutare a ricostruire il ponte prima e meglio. Fincantieri è benvenuta». 

E rispetto alle ipotesi di modifica unilaterale della convenzione? 
«Cambiare per decreto regole sulle quali i grandi investitori internazionali fanno affidamento per i loro investimenti, aprirebbe un capitolo pericoloso sul piano della credibilità del Paese. Chiunque può comprendere che non è solo un problema che riguarda Autostrade». 

Avete tentato di interloquire con Toninelli o Di Maio? 
«Non personalizzerei. Saremmo felici di sedere attorno a un tavolo e condividere con loro ciò che può rendere più facile risolvere i problemi di Genova». 

Ma avete preso contatto con loro? Si dice che sono in cerca di espedienti per farvi fuori.
«Ripeto, non mi sembra il caso di personalizzare».

Quanto alle concessioni, nel 2006 l’allora ministro dei Trasporti Antonio Di Pietro tentò di modificare unilateralmente le regole sulle concessioni. La Commissione Ue bocciò l’iniziativa sancendo di fatto il principio “pacta sunt servanda”. Vi risulta che l’incontro di martedì a Bruxelles sia stato deludente per il governo? 
«Non abbiamo informazioni dirette, se non quelle che leggiamo sui giornali». 

Cerchiai, il triplice incarico ai massimi livelli del gruppo non le crea imbarazzo per quanto è accaduto? 
«No, sinceramente nessun imbarazzo. Ma piena consapevolezza di dover perseguire l’interesse di tutti - dico tutti - gli azionisti e risparmiatori. L’azionista di riferimento di Atlantia, Edizione, ha una visione di lungo periodo. Quindi ha interessi coerenti con quelli di tutti gli investitori e risparmiatori: grandi, medi, piccoli e anche piccolissimi. Un dato lo dimostra: la mia ultima elezione nel 2016 alla presidenza di Atlantia è avvenuta con voto pressoché unanime contro il 61,6% dei voti raccolti dalla lista di Edizione». 

Tornando al ponte, davvero non avete mai avvertito segnali di rischio? 
«Di quel ponte si sono occupati in tanti: le strutture tecniche di Autostrade, i progettisti di Spea, una serie di consulenti esterni di livello internazionale, le strutture del ministero. Da nessuno di loro è stata mai evidenziata una situazione di urgenza. Del resto, la riprova della nostra attenzione alla sicurezza sta nell’aver ridotto del 75% le morti su strada e di oltre il 50% gli incidenti nei 18 anni di gestione della società». 

E tuttavia il Ponte Morandi è crollato
«Purtroppo, una tragedia terribile e l’aggettivo prescinde da qualunque considerazione sugli accertamenti delle responsabilità che eventualmente risulteranno». 

Il prossimo aprile scadranno i cda di Edizione, Atlantia e Autostrade. Il crollo del ponte potrebbe pregiudicare la sua conferma come presidente e quella di Giovanni Castellucci quale amministratore delegato di Atlantia e Autostrade? 
«Non tocca a me stabilirlo, ma agli azionisti che parteciperanno alle assemblee. E non posso parlare di me stesso. Posso dire invece che Castellucci ha tutta la mia stima per l’impegno, la dedizione, le capacità che ha costantemente dimostrato negli otto anni che abbiamo condiviso. I risultati e le dimensioni raggiunte dal gruppo Atlantia ne sono prova. Castellucci rappresenta una vera risorsa anche per l’impegnativo futuro di crescita che attende Atlantia». 

Un’ultima domanda: qualche problema sul fronte dell’acquisizione di Abertis? 
«Nessuno, l’operazione è sostanzialmente conclusa. Ora deve solo essere sviluppata».
Ultimo aggiornamento: 11:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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