Ultras, Piantedosi: «Trasferte vietate ai violenti» Giro di vite sulla movida, posti di polizia negli ospedali

Il ministro dell’Interno: «Presidi per tutelare i sanitari. Partiremo da Roma. Scontri come quelli sull’A1 non devono ripetersi, troveremo tutti i responsabili»

Domenica 15 Gennaio 2023 di Massimo Martinelli
Ultras, Piantedosi: «Trasferte vietate ai violenti» Giro di vite sulla movida, posti di polizia negli ospedali

Nei giorni scorsi le immagini degli scontri sull’autostrada A1 hanno suscitato più di un interrogativo. Davvero non si poteva evitare quel blocco stradale?
«Le forze di polizia hanno fatto un grande lavoro e tutto quanto era nelle loro possibilità per evitare conseguenze ben più gravi. È stato evitato che i due schieramenti di facinorosi entrassero in contatto.

Ma non era francamente prevedibile che alcuni di loro, arrivati alla spicciolata con auto private, si fermassero invadendo la carreggiata di un’autostrada, un fatto mai avvenuto prima».

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Sempre parlando di quell’episodio, ad alcuni è apparso di difficile comprensione il provvedimento che ha scarcerato nel giro di poche ore le persone che erano state arrestate dopo i fatti dell’autostrada. Lei come ha vissuto quella decisione?
«Ho sempre rispetto per le decisioni della magistratura che peraltro in questo caso lasciano fermi i procedimenti a carico delle persone che sono state coinvolte. In ogni caso la Polizia di Stato sta lavorando per acquisire tutti gli elementi per individuare il maggior numero di persone responsabili, sia ai fini dell’inchiesta giudiziaria sia a quelli di adozione di provvedimenti di daspo, che saranno numerosi. Proprio sulla base delle analisi che mi sono pervenute ho emanato un decreto di divieto di trasferta per due mesi delle due tifoserie della Roma e del Napoli. L’ho fatto in una logica di prevenzione, per evitare che simili episodi si possano ripetere. In generale, rafforzeremo le valutazioni anche in relazione ai rischi legati agli spostamenti delle varie tifoserie sul territorio nazionale». 

Accanto al fenomeno del tifo violento c’è quello delle gang giovanili. In alcuni casi sono mondi che dialogano? Come monitorarli?
«Le forze di polizia svolgono un lavoro encomiabile su entrambi i versanti ma è evidente che occorre operare alla radice dei fenomeni, coinvolgendo anche le istituzioni titolari di più specifiche funzioni in materia di disagio. Ci sono già proficue esperienze in tal senso in alcune città. L’attività di contrasto, che resta essenziale e sulla quale non faremo arretramenti, non può basarsi esclusivamente sulla repressione, essendo indispensabile promuovere anche azioni sinergiche in chiave di prevenzione».

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Il decreto rave, del quale si è molto discusso, si occupa di normare anche i comportamenti giovanili, che in molte città soprattutto di notte, danno vita ad episodi che vengono descritti con il neologismo di “malamovida”: risse, danneggiamenti, disturbo della quiete pubblica. Che fare?
«Stiamo definendo i dettagli di una pianificazione di controlli straordinari soprattutto nelle principali città. Lo faremo con modalità analoghe a quelle che abbiamo avviato per i controlli presso le stazioni ferroviarie. D’accordo con i sindaci dedicheremo attenzione anche agli esercizi commerciali in prossimità dei quali si verificano questi fenomeni. La socializzazione giovanile e il divertimento sono fatti molto positivi ma non devono andare a discapito della quiete pubblica e della sicurezza dei cittadini».

Parliamo della Capitale, dove i vigili urbani non hanno più neanche il collegamento telematico per sapere a chi è intestata una targa. E molti di loro stanno restituendo la pistola perché il comando non paga la visita medica periodica. Non è una contraddizione?
«Ho condiviso con i sindaci l’opportunità di avviare una riflessione sulla riforma dell’ordinamento delle polizie locali proprio affinché queste possano costituire una componente sempre più importante del sistema della sicurezza pubblica. Tra i temi che tratteremo ci sarà proprio quello della massima condivisione delle informazioni contenute nelle varie banche dati. Un gruppo di lavoro, a cui parteciperà anche l’Anci, avvierà a breve la propria attività».

L’accoltellamento della ragazza israeliana alla stazione Termini di Roma è l’ultimo di una lunga serie di episodi di violenza che ha toccato anche la stazione di Milano e di altre città. È un problema irrisolto da decenni. Troverete una soluzione?
«In prossimità delle stazioni da tempo si condensano fenomeni di emarginazione e di degrado che si riverberano sulla sicurezza dei cittadini. Abbiamo avviato nei giorni scorsi a Roma una massiccia iniziativa per attuare controlli serrati che già sta dando i primi visibili risultati. Questa iniziativa, che continuerà nella Capitale, sarà estesa nell’immediato anche a Milano e Napoli. Con la presenza e l’azione visibile e capillare delle forze di Polizia e delle polizie locali confidiamo di rassicurare i frequentatori di quei luoghi e di allontanare le cattive frequentazioni».

Non sarebbe intanto il caso di allontanare dalla stazione Termini e dalle altre stazioni i centri di assistenza ai disagiati che diventano anche motivo di attrazione per sbandati violenti?
«È un tema di particolare complessità: spesso le persone senza fissa dimora preferiscono vivere nelle aree delle stazioni proprio per la paura di ritrovarsi a loro volta in luoghi isolati e meno sicuri in quanto meno frequentati, soprattutto di notte».

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Ministro Piantedosi, sempre più spesso si verificano episodi di violenza all’interno degli ospedali, alimentati da utenti che perdono il controllo per motivi diversi. Cosa fare? È ipotizzabile il ripristino dei posti di polizia all’interno degli ospedali?
«I camici bianchi - medici, infermieri, tecnici - dedicano la propria vita a una funzione fondamentale come quella di curare la salute dei cittadini e svolgono il loro lavoro anche la notte. Avvieremo un’iniziativa nei prossimi giorni per rafforzare o istituire presidi di polizia a partire dai plessi ospedalieri di maggiore importanza. Anche qui partiremo dalla Capitale e poi ci dedicheremo alle altre grandi città. È un ulteriore tassello di una generale strategia finalizzata all’aumento della presenza delle forze di Polizia in tutti i luoghi di maggiore frequentazione dei cittadini». 

Quello che emerge dagli avvenimenti di cronaca, è un quadro di generale insicurezza. Lei una volta parlò della necessità di “curare” la paura della gente per evitare che questa sensazione venisse strumentalizzata. A che tipo di rischio pensava? 
«Le valutazioni che competono all’Autorità nazionale di pubblica sicurezza vanno oltre i dati statistici sui reati che, in realtà, soprattutto se comparati ad altri Paesi come il nostro, possono talvolta fornire elementi di rassicurazione. Ciononostante, dobbiamo farci carico anche delle sensazioni che i cittadini traggono da fenomeni di emarginazione e degrado che contribuiscono ad alimentare un sentimento di insicurezza. Da ministro dell’Interno mi pongo il problema di assicurare sempre che la discussione su questi temi sia obiettiva ed equilibrata, senza dare spazio a interpretazioni fuorvianti e soluzioni inappropriate».

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Il numero di migranti sbarcati in Italia è ancora molto alto. Qual è secondo lei la strada per tenere sotto controllo un fenomeno umanitario di questo genere?
«Questo Governo a partire dal Presidente Meloni, ha chiarito fin da subito che svilupperà un’azione mirata su diversi fronti tesa a governare il fenomeno all’origine. L’immigrazione irregolare si combatte fermando le partenze prima ancora degli sbarchi. È evidente che si tratta di un fenomeno di una tale complessità che non può trovare soluzione in pochi giorni. Ma sono sicuro che siamo sulla buona strada per ottenere al più presto risultati tangibili».

Turchia, Tunisia, Libia. Sono i tre paesi con i quali il governo intende aprire tavoli diplomatici per controllare il fenomeno migratorio. Qual è la sua ricetta per convincere i leader stranieri a collaborare con il nostro governo?
«Sotto il coordinamento del Presidente del Consiglio e d’intesa col ministro Tajani abbiamo pianificato un serrato programma di incontri con i miei omologhi di questi Paesi. Il rapporto con loro è necessario per condividere l’azione di contrasto ai trafficanti di esseri umani che partono e transitano da questi stessi territori. Proprio domani sarò in Turchia e a seguire, con il Ministro Tajani, andremo in Tunisia e in Libia. Vogliamo condividere con questi Paesi un’intensa cooperazione bilaterale e di sostegno operativo per fermare le partenze. Allo stesso tempo vogliamo garantire canali di ingresso regolari come alternativa al business dei trafficanti».

Come sta andando il rapporto con le Ong? Stanno rispondendo positivamente alla richiesta del governo italiano di applicare le norme previste dalla procedura di soccorso? Si coordinano con le autorità italiane o agiscono in autonomia?
«La prima applicazione del nostro Decreto ha fatto registrare da parte delle Ong un comportamento che si è uniformato alle regole che abbiamo dettato. Come conseguenza, in questi giorni è diminuito il numero delle persone portate da queste organizzazioni senza che questo inficiasse la macchina dei salvataggi, cui provvedono le nostre istituzioni. È la riprova che le norme funzionano e che al più presto contribuiranno a ridurre il numero degli arrivi irregolari».

Cosa dice a chi ha osservato che l’assegnazione del “porto sicuro” per sbarcare i migranti adesso sembra riguardare sempre città con amministrazioni di centrosinistra?
«È una banalizzazione puerile di un fenomeno complesso e delicato. La scelta è fondata sull’esigenza di decongestionare i porti di Sicilia e Calabria afflitti da arrivi spontanei che mettono in difficoltà le strutture logistiche dell’accoglienza in quelle regioni. Non vorrei che dietro certe proteste ci sia il solito malvezzo di dare una lettura contraddittoria del fenomeno da parte di chi è “aperturista” sull’immigrazione irregolare purché non riguardi la propria città. In realtà la collaborazione con i sindaci è molto proficua in tutte le città, a loro volta amministrate da sindaci di centrosinistra, dove ho già presieduto importanti riunioni dei relativi comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica».

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Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 15:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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